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CORRIERE DELLO SPORT. La torta non c’è ma la ciliegina si

Festeggiamenti Roma

(L. Cascioli) In attesa che Luis Enrique riesca a confezionare la torta, per il momento gustiamoci la ciliegina. Il gol con cui Lamela si presenta al pubblico dell’Olimpico è di quelli che si fanno subito amare per l’invenzione, la secchezza e la precisione del tiro, l’efficacia ai fini del risultato.

Poi la partita si snoda per alterne vicende e mentre Lamela ha il tempo di fallire occasioni più facili, noi possiamo notare che questo giovane talento argentino non si compiace del palleggio, non ha nostalgia per la scuola del tango, non ha l’assolo sulla punta del piede. Le sue radici sono solide e fa pensare a quel mondo di “lazarillos” del pallone che esprimono il loro estro all’aria aperta nei cortili di Baires. No, non c’è niente di dolciastro nel suo stile, che gli consente persino di lasciare incompleto il dialogo con i compagni e di sorprenderci per qualche errore; ma pensa in prosa e tutti gli effetti di gioco che cerca sono calcolati e risolti razionalmente, anche se poi sa regalarci un gol di pura poesia.

Intanto l’allenatore continua a mischiare le ricette, confezionando formazioni sempre diverse. Lascia in panchina certi giocatori e li sostituisce a sorpresa con altri, forse per correggerli sino alla perfezione. E allora cominci a correggere il difetto di uno dei suoi calciatori migliori: José Angel. Non riusciamo a renderci conto del perché, avendo questo ammirevole esterno tra le sue doti più incisive, capacità di corsa e di scatto, invece che proseguire l’azione negli spazi invitanti che gli si aprono sino alla bandierina, si fermi, indugi, appoggi la palla al compagno più vicino, ritardando l’azione e rinunciando a quei cross dalla linea di fondo che rappresentano lo sviluppo offensivo più tagliente espresso dal calcio di sempre. Per il resto molto bene Stekelenburg e De Rossi, bene a mio avviso il sempre prezioso Cassetti, bene (ma si sapeva) Juan.

Ma la Roma, che deve ancora crescere a livello di tenuta fisica, è ancora e sempre un laboratorio e sta mettendo in risalto proprio quella pazienza che al suo ribollente pubblico veniva invece negata. Ormai si è stabilita una inedita intesa tra la squadra e la platea: tu squadra ti impegni, azzardi il tuo gioco, fai il possibile per vincere e io pubblico ti riconosco anche il diritto di sbagliare, di fare esperimenti, addirittura di perdere. La Roma è insomma, nel bene e nel male la più clamorosa contraddizione di se stessa. Per dirla con lo stile barocco dei “marinisti” del Seicento, è come un diamante fragile e ti mette addosso un “arsura gelata”, un “gelo ardente”. Forse è per questo che Luis Enrique continua a provare dosi sempre diverse.

Baldini si è presentato in settimana con ironia e sincerità, con chiarezza e semplicità, sapendo bene che il solo modo per non essere creduto sarebbe stata l’arroganza e l’ostentazione. Rispetto al Baldini che conoscevamo ha perfezionato il suo vecchio modello. E ha ripreso a combattere la crociata che fu di Dino Viola e di Franco Sensi contro lo scandalo dei biglietti omaggio a vip e dirigenti e parlamentari. Viola non riusciva a digerire il fatto che ci fosse chi, i biglietti omaggio, addirittura se li stampava, distribuendoli a piacimento e ricavandoci tutti i vantaggi. Sono trent’anni che si combatte questa battaglia contro uno scandalo che riguarda soprattutto Roma e che sottrae denaro contante alle casse della squadre romane. Forse è il momento di vincerla

 

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