(R.Maida) Visto che ai calciatori piacciono tanto le dediche, chissà che nel derby non spunti fuori un ciuccio puntato verso la tribuna Monte Mario.
L’originale, l’esultanza inventata da Francesco Totti, non ci sarà, perché un macchinario senza cuore ieri ha certificato l’assenza del«giocatore più importante d’Italia ancora adesso» (Zeman dixit). Ma forse qualcuno dei giocatori della Roma sarà felice di pensare a lui, al capitano infortunato, subito dopo il gol che ogni romanista auspica.
LA VENA –Magari la dedica può arrivare da Daniele De Rossi, che avrà la fascia intorno al braccio. Le partite con la Lazio non gli hanno mai portato troppa fortuna. C’è stato un gol, sì, ma in un derby perso 4-2, l’ultimo che la Roma non ha vinto, due anni e mezzo fa. De Rossi non ha potuto nemmeno esultare perché la squadra era sotto di due gol (uno, dopo il suo gol) e non poteva perdere tempo in fronzoli. Stavolta, nel migliore inizio di stagione che ricordi, smania per mostrare ai tifosi la sua vena di tifoso.Venain senso letterale: quando De Rossi segna un gol particolarmente sentito comincia a correre come un ossesso, diventa rosso, urla con tutto il fiato possibile e “ mostra” le vene del collo. Che sono sincere, autonome e liberatorie. Le vene escono fuori quando la pressione sanguigna sale improvvisamente, davanti a una forte emozione. De Rossi vive la Roma come unafortissimaemozione, anche se non sa ancora se rinnovare il contratto per il prossimo anno.
C’ERA UN RAGAZZO… –Ha un contratto sicuro invece Dani Osvaldo, che a Parma ha tirato fuori dalla custodia la suaarma non convenzionale: la cosiddetta mitraglia, che non spara aivietcongcome nella canzone di Morandi ma ha il suono di una melodia eccitante per i tifosi. A Roma l’aveva importata un altro centravanti argentino, idolo adolescenziale di Osvaldo: Gabriel Omar Batistuta, che accontentò la richiesta della Curva Sud sfoderando la mitraglia proprio dopo la prima rete nel derby, nella stagione conclusa con lo scudetto (10 anni fa). Osvaldo viene da tre gol consecutivi, ha segnato a 10 squadre italiane ma non alla Lazio, sarebbe ben felice di accontentare la classica richiesta dei tifosi dopo il primo sbarco a Fiumicino:«Fai gol alla Lazio». Gliel’hanno anche chiesto ieri mattina, al termine dell’allenamento a Trigoria:«Vincemostoderby!».
COME TITI’ –Da un nuovo attaccante all’altro, da un modello all’altro. Ha un’esultanza abituale anche Bojan Krkic, che allarga le braccia e il sorriso. Lo faceva Thierry Henry, ex compagno al Barcellona, in onore del quale (ma anche di Cruyff) ha scelto di indossare nella Roma la maglia numero 14. Contro l’Atalanta, il suo movimento alare è stato appena accennato. Ma se Bojan dovesse ripetersi con la Lazio, realizzando un obiettivo che ha definito« migliore di un orgasmo », non sarà così timido.
LO STEMMA –Tra i vecchi, il più stravagante ( e costante) nel festeggiare un gol è David Pizarro. Non che l’abbia fatto così spesso negli ultimi tempi. Una sola volta nello scorso campionato, a Lecce. Ma il suo modo di essere felice è un inno alla fedeltà: scuote un pugno e con l’altro afferra lo stemma della Roma sulla maglietta. Tanto per dire che ai suoi colori ci tiene e non ha alcuna intenzione di mollarli. Lo farà solo per tornare in Cile, a fine carriera. Nel frattempo, tornando molto probabilmente titolare, si augura di trovare la terza rete alla Lazio (extra derby) della sua vita.
GLI ALTRI –I tifosi aspettano incuriositi le nuove creazioni. Pjanic a Lione festeggiava mandando baci, anche l’Olimpico ne meriterebbe. Burdisso mostra rabbioso il pugno. Lamela coccola il polsino destro. Ma nel derby tutto può succedere. Di sicuro non ci sarà un’esultanza stile Nakata. Quando segnava, si girava verso il centrocampo e con indifferenza assoluta tornava al lavoro. Non era tipo da Lazio-Roma.