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CORRIERE DELLO SPORT. Roma, la beffa è nel finale

Luis Enrique

(R. Maida) Una carambola impazzita, a tempo quasi scaduto come nel derby, costa un’altra sconfitta alla Roma, che si disunisce di nuovo nei minuti finali.

Ma anche il pareggio, raggiunto da Borini con la squadra tutta sbilanciata in avanti, non avrebbe lasciato ricordi entusiasmanti. Perché il gioco che pretende Luis Enrique non si è (quasi) mai visto. Molti errori di misura, poca aggressività, lentezza nella circolazione di palla hanno offerto al Genoa la possibilità di sfruttare al massimo le proprie caratteristiche, di gente veloce e scaltra che non va tanto per il sottile: se c’è da affondare, colpisce. E se alla fine è stato un calcio d’angolo, con assist di Merkel e deviazione di casuale di Kucka che passava di là, a decidere la partita, questo non significa che il Genoa abbia ottenuto di più di quanto meritasse, considerando soprattutto il valori in campo.

BABY ROMA – Questa è una Roma che non trova continuità.Nemmeno nelle scelte dell’allenatore sembra esserci grande criterio, se non quello di tenere tutti sulle spine. A Marassi, davanti all’intero stato maggiore della società che si insedia ufficialmente oggi, Luis Enrique decide per l’attacco più giovane possibile, rinunciando a Osvaldo in previsione del Milan: Lamela-Borini-Bojan, sessant’anni precisi in tre. L’ultima trovata alla spagnola. Confermato invece il centrocampo tecnico, con il triplo regista. Ma anche il Genoa entra con l’idea di giocare a calcio: Palacio, seguito in estate proprio dalla Roma, è l’unica punta, assistita da Merkel e Jankovic. Proprio Jankovic, solo 94 minuti in campionato prima di questa serata, diventa la mossa più funzionale del piano di Malesani. E’ lui che copre la fascia destra, occupandosi di Josè Angel, è lui ad accelerare e ad alzare il pressing improvvisamente. Come in occasione dell’1-0, quando si inserisce su un passaggio corto di Heinze a centrocampo e lancia Palacio verso Stekelenburg. La Roma ha i giramenti di testa contro sei giocatori del Genoa che piombano in area e Palacio ha il tempo per restituire palla a Jankovic che tira bene nell’angolo scoperto.

GUASTI – Luis Enrique, da parte sua, è rimasto stordito dall’atteggiamento del Genoa, che lo attende nella propria metà campo, a volte con undici uomini dietro la linea della palla, accelerando e ripiegando come nelle azioni di guerriglia. E così la Roma – le era spesso capitato a inizio stagione – tiene il controllo del gioco ma non riesce a ottimizzare la superiorità di palleggio. Nel primo tempo ha tre occasioni da rete (Perrotta più Lamela, Gago e Borini) e non le capitalizza. Viceversa il Genoa dei guastatori, la squadra più precisa del campionato nei tiri in porta, segna al secondo colpo, orientando la partita nel modo ideale.

ASSALTO – Non era mai successo alla Roma di Luis Enrique di prendere un gol prima dell’intervallo. E l’approdo alla ripresa non è migliore, tanto che Heinze rischia subito un rigore su Palacio. Lamela, decisamente meno bravo rispetto al debutto, ha una palla gol piuttosto comoda di testa ma la tira addosso a Frey. A quel punto la Roma cambia: dentro Osvaldo, Bojan va a fare il trequartista, Greco sostituisce Pizarro in mezzo (è il ventiquattresimo giocatore utilizzato in otto giornate). Poi addirittura Luis Enrique manda Borini a muoversi da esterno destro, con Borriello al posto di Perrotta. E’ una Roma ormai scriteriata, con quattro attaccanti e due registi. Eppure il pareggio arriva, grazie alla caparbietà di Borriello e all’ingenuità di Bovo (romano e romanista) che regalano un cross comodo da spingere in porta per Borini, al primo gol in serie A. In tribuna DiBenedetto esulta ma non ha ancora visto il finale. La Roma, su richiesta del suo allenatore, si lancia in avanti per capovolgere il risultato. Ma invece un innocuo calcio d’angolo certifica la duecentesima vittoria di Malesani in Italia. E’ la terza scoppola per Luis Enrique, sempre per 2-1, in otto partite nel nostro campionato.

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