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GAZZETTA DELLO SPORT. Di Bartolomei rivive. Gli 11 metri di Agostino ora diventano un film

Agostino Di Bartolomei

(A.Catapano) C’è una fotografia, in bianco e nero, mai vista prima.Agostino è in posa, sorride, sembra felice. La mano destra gli sorregge il mento, gli occhi pieni di allegria. Ci sono i sorrisi complici con Marisa, i baci rubati per la strada, un pallone conteso in un parco, due fiori scambiati per l’eternità. Ci sono i suoi occhi, ancora, così scuri e penetranti, così nudi, forse gli unici capaci di oltrepassare la corazza. Agostino in un momento li abbassa, mentre lo intervistano nello spogliatoio di Marassi, appena conquistato lo scudetto, imbarazzato dall’allegria di Bruno Conti. E in un altro li alza al cielo, a cercare chissà quale conforto, dopo l’ultima partita con la Salernitana, quando l’inviato della Rai Luigi Necco gli chiede: «Si ricorda la prima?». E lui, con quegli occhi che vorrebbero piangere, tutto di un fiato: «22 aprile 1973, Milano, San Siro. Andò bene, ci serviva il punto per salvarci e ci salvammo». La Roma, s’intende. Un viaggio C’è una testimonianza — tra le tante di amici, compagni di squadra e giornalisti — di Curzio Maltese.«Agostino Di Bartolomei​ non era un uomo triste, ma un uomo serio. In un mondo, il calcio, che della sua serietà non seppe che farsene. E lui, questa realpolitik del pallone non riuscì mai ad accettarla». È la testimonianza che tutto riassume: l’esistenza di Ago, in campo e fuori, e questo documentario che è un viaggio, bello, intenso, spiazzante«nella vita di un uomo, prima che di un calciatore — racconta il regista Francesco Del Grosso —, un ritratto che vuole cercare di fare luce sui motivi che hanno portato Di Bartolomei all’isolamento forzato, alla depressione, che lo hanno costretto a prendere quella tremenda decisione, strappandolo alla vita a soli 39 anni». Perché? Ci sono tante domande rimaste senza una risposta. Perché lo ha fatto? Si sentiva depresso, dimenticato dal suo mondo? Prova a dare una risposta il giornalista Roberto Renga, con una riflessione più ampia sulla fragilità umana: «Nessuno si immagina il mondo quando il mondo si sarà dimenticato di noi». Perché la Roma non gli offrì mai un posto da dirigente? «Forse anche lui aveva paura a rientrare nella sua città — racconta la moglie Marisa —, forse Ago doveva avere più coraggio, forse doveva essere più diretto, forse doveva chiedere aiuto». Chi bloccò la costruzione del centro sportivo che sognava per i bambini del Cilento? «L’ho aperto io, ci sono riuscita dopo anni, mettere la targa col suo nome è stato il mio gol», ancora Marisa. Perché, infine, togliersi la vita esattamente dieci anni dopo quel Roma-Liverpool, quando l’incantesimo di una città intera si spezzò dagli undici metri? Quel giorno Appunto, 11 metri si intitola il documentario di Del Grosso. I rigori, le punizioni, le bombe alla Di Bartolomei. Il 30 maggio 1994 si tolse la vita con la stessa velocità con cui scagliava palloni, il tempo di uno sparo al cuore. C’è la cronaca di quella mattina nella casa di San Marco di Castellabate, nella ricostruzione, intima e toccante, di Marisa. «Agostino la sera prima aveva cucinato le sue specialità, eravamo andati a letto tranquilli. L’indomani, mi svegliai di soprassalto, mi sembrava un rumore lontano, una cosa ovattata. Uscii in balcone, lo vidi a terra, in una posizione strana, era bianco e aveva una maglietta bianca. Rimasi immobile, stordita, fino all’arrivo di Luca da scuola. Il suo urlo mi svegliò». 

Risate C’è il finale, la parte più emozionante del film, in cui Marisa, Luca e l’altro figlio Gianmarco raccontano come «Ago, giorno dopo giorno, sia tornato al centro delle nostre vite». «Io ho scelto di fare il clown — racconta Marisa —, ho voluto che Agostino fosse ricordato dai miei figli sempre ridendone». E oggi anche Luca riesce a sorridere, finalmente. «Mio padre ha fatto una cosa talmente enorme e stronza, ma col tempo ho capito di aver avuto una vita meravigliosa, anche grazie a lui. Ad Ago». Come dice la canzone di Venditti che accompagna i titoli di coda: Tradimento e perdono.

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