(V.Meta) – Sei giorni. Sono quelli che separano Mattia Montini da Erik Lamela, nati sulle sponde opposte dell’Atlantico nella stessa settimana del 1992, il 28 febbraio l’uno, il 4 marzo l’altro. Magari non è un caso che proprio grazie a loro la Roma sia riuscita a piegare una squadra allenata da Devis Mangia,pure alla fine di partite fatte di sofferenza. Dalla finale scudetto con il Varese al Palermo in Serie A, non cambia il risultato: segna un ragazzo di diciannove anni con una prodezza – nel caso di Montini addirittura con tre -, la Roma ringrazia e vince, Mangia lascia il campo sconfitto nonostante la bella figura dei suoi. Vite parallele cominciate con sei giorni di differenza, ma con lo stesso precocissimo amore per il calcio. Erik al River Plate, la squadra della Buenos Aires bene, Mattia dal Frosinone alla Roma, uno nel 2009 arriva in prima squadra, l’altro nello stesso anno sfiora una finale scudetto con gli Allievi. Due anni più tardi – e più o meno negli stessi giorni – Montini trascina la Roma alla conquista dello scudetto rimontando per due volte il Varese dei miracoli guidato da Devis Mangia, mentre dall’Argentina rimbalza la notizia che il gioiellino del River è in procinto di trasferirsi in giallorosso per la modica cifra di dodici milioni di euro.
Tanti per un ragazzo di diciannove anni. Mattia, quello nato sei giorni prima, prende uno stipendio con un paio di zeri in meno e dopo che le ha fatto vincere lo scudetto, la Roma non lo porta nemmeno in ritiro con la prima squadra. In compenso a Riscone non c’è nemmeno quello nato sei giorni dopo, che sta dall’altra parte dell’Oceano in attesa di disputare i Mondiali Under 20, quelli che l’Italia ha mancato per un soffio con la nazionale dei cinque romanisti più Borini, leader e capitano. Tornerà alla fine di agosto con una caviglia malconcia che i medici della Roma impiegheranno un po’ a rimettere a posto. Non molto diversa la sorte di Montini: dopo lo scudetto lo vogliono tutti, alla fine per il prestito la spunta il Benevento, in ritiro Mattia è l’unico attaccante, ma dopo il primo gol in amichevole si fa male al ginocchio e non si capisce quale sia la causa. Così la Roma lo riporta a Trigoria per rimetterlo in piedi e restituirlo guarito al Benevento. Due settimane di fisioterapia, il dolore sembra passare, poi un’improvvisa ricaduta e la decisione di intervenire con un piccolo intervento al menisco. Ginocchio, caviglia, la stessa voglia di campo. I ragazzi nati nella stessa settimana di primavera in anticipo si sono incrociati qualche volta nei corridoi di Trigoria nei giorni della convalescenza. La notte di Erik è finita domenica all’Olimpico con il sinistro che ha fulminato Tzorvas e scacciato i fantasmi del derby. Quella di Mattia durerà ancora qualche settimana, ma l’alba si comincia a intuire. Benevento non è l’Olimpico, lui ha un nome che ricorda un papa più che Biancaneve, però la classe c’è. Buona settimana non mente