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IL TEMPO. Il «collettivo» giallorosso

Esultanza dopo un gol

(Il Tempo) – I puristi del «blocco di titolari» si mettano l’anima in pace, Luis Enrique li aveva avvisati per tempo: «La mia idea è chiara: raggiungere i risultati attraverso il calcio collettivo» spiegò il 24 agosto, alla vigilia della sua prima partita da allenatore romanista all’Olimpico con lo Slovan Bratislava.

Ai giocatori aveva inculcato i principi del suo «calcio associativo», che nella traduzione dallo spagnolo all’italiano è diventato «collettivo», già dai primi giorni di ritiro. Detto, fatto: domenica scorsa i debutti di Lamela e Juan contro il Palermo hanno fatto salire a ventisette il numero dei calciatori utilizzati dalla Roma in nove gare ufficiali. Facendo una media, è come se in ogni partita l’allenatore avesse lanciato tre nuovi elementi. Di improvvisazione si può parlare, parzialmente, solo per i preliminari di Europa League, quando il mercato era ancora incompleto Luis Enrique decise di gettare nella mischia dei ragazzi della Primavera, tenendo fuori dei «big» come Totti e Borriello. Nella sua Roma solo De Rossi sembra insostituibile, come d’altronde lo era per i precedenti allenatori: non ha saltato un minuto in campionato, mentre in Europa League non c’era perché squalificato. Un’eccezione ma pure lui ha rischiato di rientrare nella regola: «Se non ti alleni stai fuori» lo ha avvertito l’allenatore prima della gara con l’Atalanta.

Con lo spagnolo c’è posto per tutti, l’allenamento è un compito in classe quotidiano e il «noi» viene sempre prima dell’«io». Un modello opposto a quello utilizzato, per citare l’esponente più illustre, da Mourinho. Luis Enrique ha preso un’altra strada e il termometro del gruppo gli dà ragione. Di musi lunghi se ne vedono davvero pochi, a parte il caso isolato (e particolare) di Totti con lo Slovan nessuno si è mai imbronciato dopo una sostituzione, chi subentra cerca sempre di fare il suo: Bojan con il Palermo è l’ultimo esempio. La squadra è allineata anche nelle interviste. Perfino Cassetti, deluso tante volte dalle scelte tecniche, ha speso parole di elogio per Luis Enrique. L’uscita dall’Europa League non agevola il lavoro dell’allenatore che è riuscito comunque a coinvolgere l’intera rosa, a partire dai giovani fino ai «senatori» inizialmente distanti dal centro del progetto: Pizarro e Borriello, per esempio, e da domenica Juan. Ora c’è un talento in più come Lamela da integrare: «Come farlo coesistere con Totti?» è la domanda del momento. Un problema rinviato alla prossima settimana: domani a Genova tocca ancora all’argentino, con il capitano ancora fuori, probabilmente anche con il Milan. «C’è una bella integrazione – spiega il ds Sabatini – tra vecchi e nuovi. Sognare in grande? È doveroso, non vorrei che presi dall’idea di dover aspettare, rinunciassimo ad essere quello che siamo. Ci sono squadre più collaudate di noi ma abbiamo il dovere di tentare, sempre». La stessa ostinazione che i dirigenti stanno mettendo nella trattativa con De Rossi per il rinnovo. «È un’impresa importante, ha offerte consistenti. La distanza al momento è incolmabile, ma una distanza che sarà colmata diventa minima». Traduzione dal sabatiniano: alla fine ce la faremo.

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