(M.De Santis) – Complimenti, attestati di fiducia, pollici alti, pacche sulle spalle e esortazioni a continuare così.
Può sembrare il mondo all’incontrario, ma invece è quello che è successo nel particolare pianeta Roma dopo «l’ingiustizia calcistica» di Genova. Luis Enrique, infischiandosene della carambola letale di Kucka e di tutti i suoi derivati (il 2-1 finale per il Genoa, la quarta sconfitta stagionale e gli zero punti messi in tasca), l’ha presa come una vittoria: lo ha detto pubblicamente all’intero uditorio pallonaro e lo ha fatto privatamente con la squadra all’interno dello spogliatoio. I giocatori, usciti dal campo furenti con l’arbitro Gervasoni per i pochi minuti di recupero concessi e avvelenati per il risultato, si sono ritrovati, anche un po’ inaspettatamente ad ascoltare un peana di apprezzamenti. «Sono contentissimo – ha detto l’asturiano – di quello che avete fatto. Siete una grande squadra. Non ci deve importare nulla di questa sconfitta, perché se continueremo a giocare così vinceremo quasi sempre. Siamo sulla strada giusta e il fatto che alla fine abbia vinto il Genoa è solo un episodio».
Parole tali e quali a quelle che Luis Enrique ha detto più tardi davanti alle telecamere. Concetti condivisi anche dalla società: DiBenedetto e Baldini hanno manifestato immediatamente il loro pieno appoggio al tecnico e alla sua filosofia, così come ha fatto, dopo una chiacchierata a caldo nei corridoi del Ferraris , anche Sabatini. Il ritorno alla mera realtà, cioè a Trigoria e ai preparativi per il Milan, è stato caratterizzato da una sfilza di brutte notizie dall’infermeria. Nessuno dei vari acciaccati si è allenato con il gruppo e, quindi, dovrebbe farcela per domani. Questo significa che non ci saranno Kjaer, Rosi, Cicinho, Lobont, Totti (che non dovrebbe farcela neanche per Novara) e, soprattutto, Pjanic. Il bosniaco, è quello leggermente più avanti, ieri ha lavorato a parte con il pallone e oggi farà un ultimo tentativo. Lamela rischia di restare fuori in ogni caso, a vantaggio del tridente Bojan, Osvaldo e Borriello (o Borini).