(A. AUSTINI) – Era iniziata benissimo, è finita con una mazzata che fa tanto male. Il primo derby di Luis Enrique è il peggiore incubo possibile, materializzato a trenta secondi dal traguardo. L’incantesimo si è rotto dopo cinque stracittadine, stavolta la Roma ha meritato di perdere la partita. È mancato tutto: il gioco, la personalità, la lucidità nei momenti chiave. Dopo l’addio precoce all’Europa League è arrivata un’altra delusione dura da digerire. Quando ha visto il pallone di Klose entrare, Luis Enrique quasi non ci credeva. Si è accucciato e ha scosso la testa.«Mamma mia che finale!» la sua prima esclamazione davanti alle telecamere. Poi un’analisi molto lucida della partita: «È stato un peccato per noi per come è stato l’andamento della gara. Per quanto ci riguarda si può giudicare la prestazione solo quando eravamo in undici, in ogni caso penso che avevamo iniziato molto bene. Quando credevamo che il risultato fosse ormai un pareggio grazie allo sforzo della squadra non abbiamo avuto la fortuna che serviva per portare a casa il punto».
La Roma, secondo il tecnico, ha perso perché non ha saputo capitalizzare il suo momento migliore. «Senza dubbio dovevamo essere più cattivi dopo il vantaggio. Siamo partiti bene con il possesso palla e l’inserimento delle punte. Segnato il gol, non siamo più usciti fuori come sappiamo fare e la Lazio ha iniziato a spingere perché doveva recuperare». Inevitabile il processo alle sue scelte, una su tutte: Kjaer preferito a Burdisso. «Nicolas – spiega Luis Enrique – veniva da un viaggio incredibile. Anche Hernanes? Lo so…Ma tanto quando si perde tutti mi vengono a chiedere perché ha giocato uno e non l’altro. Cerco di prendere sempre la migliore decisione, dopo le partite è facile giudicare». Con i suoi non usa il bastone. «Sono contento dello sforzo dei miei calciatori, la Lazio ha fatto una bella seconda parte di gara, dopo l’espulsione ha costruito qualche occasione da gol e ha trovato la vittoria proprio alla fine. Ha sbagliato la nostra difesa? No, come sempre le reti subite nascono da errori di tutta la squadra e non di un singolo».
La Roma è sembrata snaturata, poco possesso palla e qualche ripartenza. «Ma io – precisa il tecnico – non sto cambiando impostazione, lo scarso possesso palla è stata una delle chiavi della sconfitta. Dovevamo fare per 90 minuti quello che ci è riuscito nei primi 10-15. Poi siamo calati e invece quando sei in vantaggio devi continuare a fare il tuo calcio. Ma è normale che non sia accaduto: siamo una squadra in costruzione, tre mesi di lavoro non possono bastare. Per fare bene dobbiamo cercare di avere il più possibile la palla. Queste sono le nostre caratteristiche e dovevamo usarle anche in una partita così particolare». Il derby tarpa le ali ai giallorossi che in caso di vittoria avrebbero fatto un bel balzo verso l’alto. «La classifica per me ora sta in secondo piano – spiega l’allenatore – noi cerchiamo di lavorare in settimana per assimilare dei meccanismi nuovi, la classifica la vedremo alla fine. Anche se si vince il derby penso che la partita dopo sia sempre difficile. Domenica giocheremo con il Palermo e dobbiamo farci trovare pronti, posso solo dire che sono già carico per la sfida di ritorno con la Lazio». Intanto c’è da leccarsi le ferite.
C’è chi recrimina sul rigore fischiato da quel Tagliavento tanto contestato alla vigilia dai laziali, ma Luis Enrique preferisce non metterci bocca. «Non parlo mai degli arbitri che fanno un lavoro difficilissimo e continuerò così. Nel caso specifico da dove ero io non si poteva giudicare l’azione del rigore». Giù il cappello.