(A.Ghirelli) – Stavo per dedicare l’odierna puntata di questa rubrica all’entusiasmante rilancio delle squadre romane dopo l’avvio stentato di questa confusissima stagione, quando sono stato raggiunto dalla notiziadelle condanne inflitte a conclusione dell’inchiesta su Calciopoli. Il rilancio della Roma resta all’ordine del giorno come un’ennesima prova del peso che, in una vicenda sportiva inizialmente impostata male, frettolosamente, senza conoscenza adeguata dell’ambiente e dei precedenti, può avere tuttavia l’impegno appassionato del club, dell’allenatore e dei giocatori, che in effetti sono riusciti a raddrizzare coraggiosamente la sorte. Ma il caso della Lazio, purtroppo, va analizzato alla luce delle decisioni assunte dalla giustizia sportiva, a conclusione di Calciopoli, anche nei confronti del presidente biancazzurro. Claudio Lotito, coinvolto nell’attività di Luciano Moggi e (sia pure soltanto marginalmente), è stato condannato ad un anno e tre mesi di sospensione ed a 31 mila euro complessive di multa. Per fortuna, a reggere le sorti del club in linea provvisoria era già designato Marco Moschini, che ricoprirà l’incarico anche per il mercato. Non si può escludere che il Presidente possa vedere accolto il suo reclamo, se lo presenterà, ma ora come ora non c’è scampo. E un destino beffardo ha voluto che Lotito sia stato coinvolto in questo brutto affare proprio in una fase del campionato in cui, grazie ad una serie geniale e fortunata di scelte, la società biancazzurra aveva gagliardamente potenziato la squadra con una serie di acquisti formidabili. Il caso ha voluto una coincidenza a suo modo significativa dal momento che, proprio negli stessi giorni, si sfasciava il governo italiano e, con esso, il mito di Silvio Berlusconi (che è presidente anche del Milan, ma il club non è affatto in crisi). Vorrei che gli amici lettori non mi fraintendessero: non sto gioendo di questa crisi, ne sto sottolineando l’amarezza e, al tempo stesso, la lezione che essa sottointende. Se non sbaglio, è stato Luigi Pirandello a scrivere “Il piacere dell’onestà” , e questo è lo stesso titolo che userei a proposito della debolezza (perché di questo soltanto sembra si sia trattato) del presidente Lotito. Dopo anni di rapporti tesi e talora ostili che avevano diviso il “boss” biancazzurro dalla tifoseria per una sorta di reciproca incomprensione ed intolleranza, le imprese di Klose e di Hernanes avevano creato in campo e sugli spalti un clima di ottimismo sfruttato sapientemente da Reja; è bastata la scoperta di un peccato marginale rispetto allo scandalo Moggi, a rompere l’incantesimo, ma il pubblico farà comunque bene a ricordare che i protagonisti – giocatori e tecnico – non portano alcuna responsabilità nel caso in questione. Il destino della Roma, invece, ha seguito il cammino inverso a quello della Lazio, prima per colpa della lentezza del gruppo italoamericano che ha acquistato tra mille rinvii le azioni della società giallorossa e poi per gli errori compiuti da un tecnico arrivato al timone della squadra senza averne la minima cognizione. Si è sollevato un mezzo scandalo sullo stipendio che Rosella Sensi si era meritatamente assegnato invece di utilizzare i suoi consigli preziosi, ma ora Luis Enrique e i giocatori stanno risalendo la corrente, sia pure a fatica, come dimostra il diverbio tra Luis Enrique e Heinze. Lo sport-spettacolo è un impegno molto delicato e regolato finora, almeno in Italia, da norme approssimative e confuse. I casi delle due compagini romane sono molto diversi ma confermano l’urgenza di una riforma seria ed organica, che ridimensioni anche l’esagerato spazio che si è lasciato al gioco delle scommesse.