(R.Maida) – La salita, tortuosa, parte in casa Di Natale e arriva fino a Natale. Cinque partite che aiuteranno a capire la Roma. Luis Enrique, nascosto dietro alla maschera dell’immutabilità, interrompe il ragionamento.
La sua vigilia comincia con un unico obiettivo: «A me interessa una partita. Una sola. Quella contro l’Udinese. Sarà un test stimolante per provare il nostro livello di gioco. Sono molto curioso di vedere come si comporterà la squadra. Al resto, e alla classifica, penseremo più avanti: a dieci giornate dalla fine» .
AVANTI – Stima l’Udinese, che in casa ha vinto sette volte su sette tra campionato ed Europa League: «Mi piace la società, che punta sui giovani; mi piace il loro contropiede, diretto e veloce» . Ma il suo concetto di calcio è molto diverso. La Roma è prima nella classifica della supremazia territoriale, cioè il possesso palla nella metà campo avversaria, mentre l’Udinese in questa specialità è soltanto quattordicesima. Luis Enrique precisa: «Non dico che il mio stile di gioco sia l’unico possibile. Però per me è il migliore possibile. E non lo cambio. Guidolin imposta un calcio basato sulle ripartenze, a me ne piace un altro. Noi faremo la nostra proposta (parola chiave del suo vocabolario, ndr) , sapendo di correre dei rischi, perché se perdiamo palla a centrocampo l’Udinese può fare dei danni. Ma vogliamo che siano gli avversari ad adattarsi a noi. Anche noi possiamo essere letali» . Perché alla base di tutto c’è un concetto: «Il miglior modo di difendersi è tenere il pallone nella metà campo degli altri. Io tengo conto delle caratteristiche degli avversari non per contrastarli, ma per creare loro delle difficoltà. L’ideale sarebbe attaccare per novanta minuti, anche se so che non è immaginabile» . E la gente ha sposato la sua mentalità, attraverso quello striscione («Mai schiavi del risultato») srotolato in curva Sud: «I tifosi sono fantastici, noi lavoriamo per migliorare e per trasmettere i nostri messaggi. Dobbiamo giocare sempre con la stessa mentalità dall’inizio alla fine, a prescindere dal punteggio» .
SPIEGAZIONI – Proprio la mentalità diventa decisiva nel momento di scegliere i giocatori da mandare in campo: «In campo entrano in undici e io devo decidere la formazione di volta in volta. Capisco lo stato d’animo di chi gioca meno, come Borriello o altri, ma l’unico modo per convincermi è allenarsi sempre al cento per cento» . Qui Luis Enrique si appoggia a un esempio vincente: «Rodrigo Taddei. Quando stava fuori si impegnava e mi mostrava grande disponibilità. Ha avuto la sua occasione e l’ha sfruttata. E’ un ottimo calciatore e uno splendido professionista» . Come De Rossi, che ancora non ha rinnovato il contratto: «La società sa come la penso. Daniele è un romanista vero e sta negoziando, questa vicenda deve scorrere con tranquillità» . Gli chiedono di inserirlo in un podio con Xavi e Iniesta. Luis Enrique sorride sarcastico: «Sono tre grandi centrocampisti, molto diversi tra loro. Non faccio classifiche» .
MODELLO – E a proposito del Barcellona: «In Champions mi è piaciuto. Non è paragonabile la loro partita alla nostra contro il Milan, che non è stata soddisfacente. Il Barcellona gioca un calcio unico, che è stato provato per molti anni e viene sviluppato da calciatori fantastici» . Cioè i vecchi compagni di Bojan, che contro il Lecce ha sprecato molte occasioni da gol: «Per me ha giocato bene. è stato solo un po’ sfortunato. E se ha sbagliato, nessun problema. Si rifarà» .