(M.Ferretti) – «La mia Barça è giallorossa…», dice Bojan Krkic, giocando con le parole dopo l’ennesima domanda sul Barcellona.
Furbo, parlantina sciolta, un po’ in spagnolo e un po’ in itagnolo, l’attaccante – che tra una settimana riavrà la patente che gli era stata ritirata due mesi fa per aver guidato nella corsia di emergenza del raccordo – ha dimostrato di avere personalità, idee chiare e di non esser disposto ad accettare neppure il minimo compromesso dialettico. «Continuare a paragonare noi al Barcellona, o noi a un altro club, è sbagliato. Noi siamo la Roma e abbiamo il nostro stile. Dobbiamo pensare al nostro cammino e arrivare più in alto possibile, e ciò non dipende nè dal Barcellona nè da altri», le sue parole.
E ancora. «Io un giocatore da panchina? A Barcellona non ho mai sentito parlare di queste cose…. Qui si è cominciato a discuterne perché ci sono stati due episodi, contro il Palermo e a Novara. Se fossi stato un giocatore del genere, non sarei mai arrivato alla Roma… Non sono assolutamente deluso della mia scelta: anzi, sono molto contento perché sono arrivato in un grande club. La squadra sta lavorando benissimo: certo, abbiamo perso alcune partite ma mai perché siamo stati inferiori all’avversario. Siamo all’inizio di un progetto nuovo, ci sono da sistemare tante cose e c’è bisogno di lavorare. Se gli attaccanti non segnano molto, è un problema di squadra anche se nel calcio italiano non ti permettono di avere tante occasioni. Le squadre avversarie sanno che tipo di calcio giochiamo, tendono a chiudersi e per noi diventa difficile. Dobbiamo curare tanti piccoli dettagli per segnare ancora di più. Non mi sento un titolare ma neppure una riserva: voglia semplicemente allenarmi bene e dimostrare il mio valore. Fisicamente mi sento ad un livello più alto di quello che pensavo, dopo due stagioni in cui avevo giocato poco. Voglio dimostrare al mister e a tutto l’ambiente di essere un ottimo giocatore. Il mio passato o il mio futuro, adesso, non mi interessano».
Poi, uno sguardo al futuro della Roma. «Abbiamo molti obiettivi, ovviamente: in testa c’è lo scudetto, poi se non sarà possibile vincerlo c’è la qualificazione in Champions e eventualmente quella in Europa League. Noi siamo qui per centrare questi obiettivi, e per farlo serve pensare solo al presente. Il desiderio più grande, è chiaro, è lo scudetto ma per ora dobbiamo ragionare a breve, non a lungo termine. Io spero di crescere insieme alla squadra: credo che sia una buona occasione per tutti, può essere una grande stagione. Vogliamo proseguire su questa linea e personalmente voglio crescere partita dopo partita. La Roma sta giocando bene. Quando perdiamo è vietato demoralizzarci, quando vinciamo non dobbiamo parlare di scudetto. Dobbiamo stare tranquilli e lavorare, si è iniziato un nuovo progetto serve essere uniti. Il calcio italiano è diverso, più tattico, rispetto a quello che si gioca in Spagna. Ma è un calcio che mi piace, e mi piace stare in Italia e alla Roma».
Non abbocca, Bojan, quando gli viene chiesto di parlare di Pep Guardiola. «Sono un giocatore della Roma e voglio concentrarmi solo su questo. C’è qualche affinità tra lui e Luis Enrique? Ripeto, di Guardiola non voglio parlare.Sul nostro mister dico che è una persona molto diretta, con grande personalità e che ha un contatto diretto con i calciatori». Bene no? Quindi, su due compagni. «Heinze è una persona e un giocatore straordinario, uno che aiuta i giovani come me e Josè Angel che siamo lontani da casa per la prima volta. Totti? Francesco è un elemento chiave, sia dentro sia fuori dal campo. La cosa più difficile, per la Roma, è assimilare la nuova filosofia di gioco. E’ un modo di manovra che non appartiene al calcio italiano: ciò, però, non ci scoraggia. Quando sei il padrone della palla, di questa cosa magnifica, sei tu che comandi».