(U.Trani) C’è modo e modo di giudicare la nuova frenata della Roma. Che al Friuli, venerdì sera, è tornata una squadra anonima. Forse mai lo è stata con Luis Enrique in panchina,nemmeno nelle precedenti cinque sconfitte (non va dimenticata quella in Europa League: sono 5 in 12 gare di campionato, 6 nei 14 match ufficiali). Contro l’Udinese l’involuzione è sembrata evidente e anche la società ne ha dovuto prendere atto. Il black-out nel gioco preoccupa i dirigenti giallorossi più di ogni altro aspetto. Anche se poi c’è da rivedere l’organico, migliorandolo in difesa a gennaio, e da interrogarsi sui troppi infortuni muscolari (9 casi, finiti ko pure i giovani, come Borini e Kjaer: l’età non c’entra, la preparazione sì). Già oggi si torna a lavorare (allenamento anticipato alle 11). Ma sarà, più che una domenica di lavoro, una giornata dedicata al confronto. Non tanto tra tecnico e giocatori, visto che Luis Enrique, dopo il 2 a 0 di Udine, ha comunque elogiato la squadra. Si devono chiarire dirigenti e allenatore, per la prima volta distanti e in disaccordo su un’esibizione della nuova Roma. In pubblico, dallo spogliatoio giallorosso, non un coro ma due voci.Quella soddisfatta di Luis Enrique, quella critica di Walter Sabatini. Il ds stamattina tornerà da Belgrado. Per prendere di petto subito la situazione, dopo il suo sfogo al Friuli. Perché il penta-ciclo, appena partito, prevede altri quattro impegni delicati, la trasferta di Firenze domenica prossima, l’unica gara in casa contro la Juve, e le due trasferte di fila prima della sosta di Natale a Napoli e Bologna. Il rischio è di ritrovarsi nel bel mezzo della classifica già alla fine di questa giornata di campionato e di scendere anche più giù. Sabatini, inutile cercare giri di parole, ha bocciato la prova di Udine. Lungo l’elenco dei difetti stilato dal dirigente che non ha nascosto la grande delusione per come è maturata la sconfitta. Ha chiamato in causa «la personalità». Ha evidenziato «la mancanza di furore agonistico, di arroganza e di carica» e soprattutto «di voglia». E’ chiaro che il richiamo è anche per i singoli, compresi quei giovani che «sono forti e quindi devono andare in campo e vincere le partite». Perrotta avrebbe ripreso negli spogliatoi proprio i tre pupi Josè Angel, Lamela e Bojan per l’eccessiva superficialità nel vivere il momento, in campo e fuori. La società, però, comincia a stancarsi anche di qualche senatore che non si fa trovare pronto. Cassetti sarebbe uno di questi. Ma soprattutto Luis Enrique è al centro di ogni discussione. Tattica, tecnica, atletica e motivazionale. Ai dirigenti, tutti (Baldini compreso), non è piaciuto l’atteggiamento del gruppo. Quindi l’asturiano non ha preparato bene la partita. Sbagliando la formazione iniziale (centrocampo cambiato senza un perché). E non trasmettendo la pressione giusta che infatti, come ha detto il ds, non c’è stata. Sabatini non è intervenuto sulle scelte. «Il nostro gioco, però, deve essere lo stesso a prescindere dagli interpreti». Insomma la Roma che per Luis Enrique «è stata brillante», per il dirigente «scarica». «Una Roma involuta e timida», detto senza preoccuparsi di scalfire la presunzione dell’allenatore che esagera a specchiarsi e a vedersi sempre e comunque bello (Fiorello, pure ieri, lo ha imitato incrementando la presa in giro). La rotazione eccessiva, 14 formazioni diverse in 14 gare, sta diventando un problema, ma rientra nella proposta di Lucho. Già utilizzati 29 calciatori, l’anno scorso 33 con il Barça B e due stagioni fa 31. Può ancora migliorare se stesso.