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IL ROMANISTA. I sei punti fermi di Luis Enrique

Daniele De Rossi

(F.Bovaio) Le quattordici formazioni diverse in altrettante partite ufficiali schierate da Luis Enrique hanno spinto molti critici a sostenere che lo spagnolo sarebbe in confusione e non saprebbe bene che fare. E’ un’opinione e come tale va registrata. Per noi i cambiamenti vengono decisi invece sotto l’esigenza della ricerca continua di posizioni e ruoli da migliorare. E per il voler abituare i giovani a giocare indifferentemente in più zone del campo. In modo da essere sempre intercambiabili. Il non accontentarsi, insomma, è sinonimo non di confusione mentale ma di impostazione intelligente. Non siamo nella testa di Luis Enrique e non possiamo sapere se vi siano anche altre motivazionis. Solo il tempo dirà se ha avuto ragione oppure no. Di certo con la nuova Roma siamo usciti dal vecchio modo di intendere il calcio (undici titolari fissi più cinque, sei riserve e qualche giovane della Primavera aggregato alla prima squadra) per entrare di fatto nel calcio moderno, fatto di rose di ventidue elementi tutti potenzialemente titolari. I numeri ora ci dicono cose molto interessanti, specialmente se si leggono con attenzione le formazioni schierate dallo spagnolo in campionato. Tralasciando dunque le due delle partite di Europa League, giocate in un periodo nel quale la rosa non era ancora formata. Nelle dodici gare di A finora disputate, infatti, Luis Enrique ha dimostrato di avere dei punti fermi nella sua squadra. Giocatori per lui imprescindibili schierati quasi sempre e anche nei loro ruoli effettivi: il portiereStekelenburg; il difensore centrale Burdisso (che fino all’infortunio ha giocato sempre, otto volte da titolare e solo due da subentrato, a Parma e nel derby); i centrocampisti De Rossi (sempre titolare e mai sostituito) e Gago(diventato titolare nel derby e rimasto tale per sette partite consecutive, compresa quella); il fantasista Pjanic (in campo dieci volte su dodici, con le uniche due assenze contro il Palermo e il Genoa causate da infortunio) e l’attaccante Osvaldo (undici volte titolare e solo una subentrato, a Marassi contro il Genoa). Sei punti fermi che, se lo notate bene, costituiscono la spina dorsale della squadra, quella che va dal portiere all’attaccante di riferimento passando per il difensore centrale, i centrocampisti centrali e il fantasista. Uomini che sono nel cuore del gioco, che si sviluppa nel mezzo del campo e solo come appendice e variante sulle corsie laterali, dove invece Luis Enrique ha cambiato molto anche perché, per il gioco che vuole fare, gli occorrono degli esterni molto forti sia tecnicamente che fisicamente. Esterni che bisognerebbe reperire sul mercato, anche se non è facile trovarli. Dunque i numeri ci dicono che Luis Enrique ha i suoi uomini di fiducia in ruoli precisi. Intorno avviene la rotazione da cui nascono le 14 formazioni diverse in altrettante partite. Ma non si tratta comunque di formazioni mandate in campo a casaccio.

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