(D.Galli) «Il cuore è fermo a Fabro. A metà strada ». A quattro giorni dalla partita, non puoi chiedere a Giancarlo De Sisti di scegliere tra la Roma e la Fiorentina. «Una mi ha dato i natali e mi ha lanciato nel firmamento. L’altra mi ha permesso di diventare De Sisti». Una è la Roma. L’altra è la Fiorentina. Picchio è nel mezzo.
Fiorentina-Roma significa tanta roba, per lei. La mia vita si è svolta su quest’asse. Lungo quei 300 chilometri che dividono le due città. La mia vita: quella sportiva e non solo quella sportiva. Perché quando si ha la possibilità di vivere 13 anni lontano dalla terra dove sei nato, accadono delle cose che esulano dal calcio: a Firenze è nata mia figlia. Quando ho lasciato Roma, ero giovanottino (testuale, ndr). Pensavo che il mondo mi sarebbe crollato addosso. Io non volevo allontanarmi da Roma, dalla Roma, da mia madre, dalla mia ragazza, dai miei amici. Mi sembrava un salto nel buio. Mai avrei immaginato che a Firenze avrei trovato il mio habitat naturale.
Fiorentina-Roma poteva essere la partita dell’ex anche per Osvaldo. Non conosco i termini di questa aggressione, o pseudo-tale, a Lamela. Bisognerebbe sapere il motivo per cui uno si arrabbia o viene provocato a tal punto da reagire in questa maniera. Forse sarebbe stato meglio risolvere la faccenda all’interno della società, prendendo dei provvedimenti che avrebbero fatto capire a chi ha sbagliato che non sono consentiti comportamenti del genere. Certo, quella di Osvaldo sarà un’assenza importante. Personalmente, stimo Borriello e non so chi sia più forte tra i due. Forse, proprio l’ex milanista. Evidentemente, alla Roma di Luis Enrique serve più un giocatore di movimento come Osvaldo che un centravanti di sfondamento come Borriello.
Osvaldo. Peccato per quella rovesciata non convalidata con il Lecce. Un gol annullato stupidamente. L’avrei dato lo stesso anche se ci fossero stati 8 metri di fuorigioco.
Eppure Luis Enrique non ha guardato in faccia a nessuno. Non lo convocherà per Firenze. E io condivido la sua decisione. Osservavo solo che a forza di grandi prestazioni si è fatto largo nella giungla delle punte.
Tra queste c’è soprattutto Totti. Lei come lo schiererebbe, in questa Roma? Seconda punta. Sotto l’aspetto del suggerimento, del guadagnare gli spazi, è uno che retrocede e ti dà la palla per andare dentro. Anche se mi pare che Luis Enrique chiami più giocatori a impostare l’azione. L’importante è non lasciare troppi spazi liberi. Perché attaccare va bene, ma attaccare senza giudizio è pericoloso.
È in questa ottica che Perrotta e Taddei fanno gli esterni bassi. Per dare maggiore spinta propulsiva. Non è che sia un gioco da ghettizzare. Questa dei centrocampisti come terzini è un’idea di Luis Enrique. Le dirò, il tecnico sta facendo il suo lavoro e lo sta facendo anche piuttosto bene. È normale che debba comprendere il campionato italiano in tutte le sue sfaccettature. Eliminerei, semmai, quei tre passaggi in più in ogni azione. L’unica cosa che non mi è veramente chiara sono tutti questi rivoluzionamenti domenicali della squadra. Ma forse è un disegno troppo a lungo termine. Per il resto, Luis Enrique fa bene ad andare dritto per la sua strada. Io sono ottimista. Lo voglio aspettare. Anche tenendo conto che è una scelta della nuova società. È l’uomo su cui hanno puntato, sul quale hanno articolato la campagna acquisti. Dopo dodici partite non si può giudicare. Comunque, Luis Enrique stia tranquillo. Ha vicino un formidabile uomo-calcio come Sabatini e un fuoriclasse come Baldini. Non credo che abbia nulla da temere. Deve solo fare qualche risultato in più.
Campagna acquisti che è stata milionaria. In netta controtendenza rispetto al recente passato. Assolutamente sì. Questa squadra ha delle grandissime qualità. Questa è la stagione del passaggio dal vecchio al nuovo: vogliamo dare tempo al nuovo di assimilare certe cognizioni?
Torniamo al presente. Anzi, all’immediato futuro. Domenica sarà una partita aperta. Nemmeno la Fiorentina è al massimo della condizione: Jovetic è convalescente, è stato fermo parecchio. Se la aggredisci, la metti in difficoltà. Però devi stare attento, perché ha dei buoni contropiedisti. Ha Cerci, ha Gilardino, ha Jovetic. Ecco, Jovetic è magrolino, sembra gracile, ma quando ti prende il passo se ne va.
Il cuore che dice? Il cuore è fermo a Fabro. A metà strada.
A Fabro? È lì sull’A1 che mi diedi appuntamento con i dirigenti della Roma, quando nel ’74 lasciai la Fiorentina. Quando sento parlare dialetto, quando ripenso a dove sono nato, alle mie origini, capisco quanto siano salde le mie radici romane e romaniste. Ma quando sono stato là a vedere Fiorentina-Milan, mi abbracciavano tutti. Porca miseria, è una cosa incredibile che non mi succede da nessun’altra parte. Nemmeno a Roma. Vinca chi ne ha più bisogno. I tifosi non me ne vogliano, ma non posso scegliere. Sono due realtà che amo, che mi hanno fatto diventare un ometto. Una mi ha dato i natali e mi ha lanciato nel firmamento. L’altra mi ha permesso di diventare Picchio De Sisti. E mi ha dato un’opportunità anche come allenatore. Questo non posso dimenticarlo.