(F. Balzani) – «Una rivoluzione necessita di nervi saldi e fiducia incrollabile», scriveva Fleming.Luis Enrique lo sta imparando a sue spese. Ma l’asturiano non è stato l’unico a dover soffrire per imporre il proprio gioco nella capitale.
Il «Mago» Herrera sbarcò a Roma nel 1968 e nelle prime nove partite (calcolando 3 punti a vittoria) collezionò 3 vittorie, 2 pareggi e 4 sconfitte come Lucho, ma c’è da dire che all’epoca il campionato era a 16 squadre e che il pareggio era valutato come una mezza vittoria (la Roma si trovava infatti a metà classifica, al 7°posto).
Stessi numeri per Liedholm, l’allenatore del secondo scudetto: nella prima stagione (‘73-74) si presentò con 11 punti nelle prime nove giornate. Anche Eriksson (uno scudetto sfiorato e 1 coppa Italia) faticò ad affermarsi tanto da conquistare 10 punti nei primi 9 turni nella stagione ‘84-‘85 (ancora a 16 squadre) frutto di 1 vittoria e 7 pareggi. Solo Zeman partì bene e conquistò 16 punti nel ‘97-‘98 (a 18 squadre) con 4 vittorie, 4 pareggi e 1 sconfitta. Spalletti invece ottenne soltanto un punto in più (12) rispetto a Lucho, nella stagione a 20 squadre 2005-2006 (3 vittorie, 3 pareggi e 3 sconfitte) e alla fine della sua gestione poté vantare 2 coppe Italia, 1 Supercoppa e due secondi posti.