(R. Maida) – Da due partite la Roma gioca un calcio diverso, un po’ per scelta e un po’ per i condizionamenti degli avversari. E’ un calcio ancora lontano dal perfezionismo di Luis Enrique, che ha spiegato con gli episodi favorevoli la vittoria di Napoli, ma è certamente un sistema di gioco gradevole e redditizio. Sia contro la Juventus che contro il Napoli la Roma non ha vinto la sfida del possesso palla, il caposaldo della filosofia di Luis Enrique. Nella prima occasione era finita pari, 50 e 50, mentre domenica sera la percentuale è stata leggermente favorevole al Napoli: 51 a 49. Non solo. Anche l’indicatore della supremazia territoriale, cioè il possesso del pallone nella metà campo avversaria, non ha premiato la Roma in nessuno dei due casi. Segno di una modalità più veloce, meno orizzontale e più verticale, di attaccare. Sono arrivati un pareggio e una vittoria contro due grandi squadre, (…) Cosa è successo? Luis Enrique assicura di non aver cambiato nulla nell’impostazione della partita, di fare «sempre la nostra proposta» , e che la Roma a volte non controlla la palla solo perché dall’altra parte c’è una squadra che gliela toglie. (…) Avrebbe voluto gestire di più la partita, soprattutto quando era avanti 2-0. A Trigoria aggiungono: se affronti un avversario forte, e vai subito in vantaggio, diventa difficile conservare numeri importanti nel possesso palla, perché dovrai confrontarti con l’arrembaggio di chi vuole recuperare. E nello stesso tempo, nel ribaltamento dell’azione, avrai spazi sufficienti per essere pericoloso con le ripartenze, che per definizione sono rapide e quindi comportano un veloce avvicinamento alla porta avversaria. Però è innegabile che Luis Enrique abbia costruito un equilibrio più stabile. La squadra concede ancora tante occasioni, ma adesso trasmette un senso di consapevolezza e di sostanza che prima non si vedeva. La Roma riesce a essere corta e compatta, applica con feroce attenzione la tattica del fuorigioco, non esaspera il pressing, ma ripiega velocemente e collettivamente per recuperare la padronanza del gioco. In questa ricerca hanno un ruolo fondamentale Osvaldo e Lamela, che giocano molto larghi e garantiscono un doppio lavoro: sono uno sbocco per la manovra offensiva, sia a beneficio degli esterni che dei centrocampisti, sia sul passaggio corto che in profondità; sono di grande aiuto alla fase difensiva, disturbando la salita degli esterni avversari e “rassicurando” i propri (…) Poi, naturalmente, nella fluidità dell’azione diventa decisiva la fantasia di Totti, che interpreta il ruolo di trequartista (o di centravanti) libero, andando a prendere il pallone spalle alla porta per poi lanciare gli altri attaccanti. Totti porta con sé ovunque almeno un difensore avversario. E questo offre spazio e ampiezza alla squadra, soprattutto ai centrocampisti incursori come Simplicio. Che infatti a Napoli è stato tra i migliori in campo.