(A. Maglie) – Giovanissimo per dati anagrafici, «anziano» per modo di stare in campo, per adattabilità alle furbizie del campionato italiano, per sfrontatezza (ne sa qualcosa anche il compagno di squadra,Osvaldo). Guardi Erik Lamela e immediatamente provi a individuare nella storia recente (e anche meno recente) del nostro campionato qualche «predecessore» straniero capace di inserirsi con tanta disinvoltura. La mente corre, forse per una associazione dettata dal comune talent scout, cioè Walter Sabatini, a Javier Pastore. Eppure l’argentino del Psg quando si calò sulle spalle la maglia del Palermo incontrò, almeno nei primi mesi, non poche difficoltà. Aveva qualche anno di più di Erik (venti) e maturò tra novembre e dicembre, come le arance siciliane. Giocatori diversi, più regista Xavier, giocatore a tutto campo non a caso accostato (nel passo più che nella forza fisica) aZidane; più offensivo il romanista, trequartista o, addirittura, seconda punta. Lamela superati i postumi di un infortunio si è conquistato la maglia di titolare andando in campo, nelle ultime sette partite, dal primo minuto. (…) Quello italiano non è un calcio semplice. Negli anni in cui il nostro campionato era il più ricco del continente, venivano reclutati normalmente giocatori già costruiti. Ciò non toglie che un campione indiscusso come Platini abbia faticato almeno sei mesi per trovare il bandolo della sua matassa personale. Lo stesso Zidane, in principio, ha dovuto sconfiggere qualche perplessità. Il «calcio dei pionieri» non era terra di conquista dei giovani fenomeni. Certo, Josè Altafiniquando approdò al Milan diventandone l’attaccante di riferimento aveva vent’anni; come Antonio Valentin Angelillo. Michael Laudrup ne aveva diciannove quando esordì con la Lazio ma, pur avendo grandi qualità, la strada per lui verso la completa affermazione fu in salita. Dall’Età dell’Opulenza a quella dell’Austerità. Ora è arrivata l’ora in cui anche grandi squadre come la Roma devono sforzarsi di accelerare i tempi, di anticipare le scelte, di scorgere oggi il talento che sboccerà domani. (…) Non è un caso che Palermo e Fiorentina siano le squadre che hanno fatto esordire in campionato il maggior numero di giovani talenti: da Kjaer (19 anni alla prima in A) a Munoz (19), da Acquah (18) a Mchelidze; da Jovetic a Ljajic aBabacar. A volte il talento esplode improvviso, come nel caso di Jovetic. Altre volte resta quasi in sospeso come nel caso di Pato (18 all’esordio). Vucinic di anni, quando si misurò con la serie A, ne aveva diciassette: le promesse le ha mantenute. Bojinov ne aveva addirittura quindici e unidici mesi ma non è riuscito a tener fede alle attese. Adriano a 19 anni sembrava una forza della natura ma si è perduto fra troppi fumi alcolici e complesse partite con la bilancia. Lamela, rispetto a tutti questi, sembra avere qualcosa in più.