(M.Bianchini) – L’inquietante dilagare delloscandalo che sta investendo il calcio italiano, offre lo spunto per richiamare prepotentemente alla memoria una vergognosa pagina scritta dalla squadra minore della capitale. E rimasta impunita. Dicono che il tempo sia un prezioso alleato dei furbi che contano su comode dimenticanze per farla franca. Non sempre ci riescono. Negli annali calcistici sta scritto che il 2 maggio del 2010 si disputò all’Olimpico la partita Lazio-Inter, terminata con la vittoria nerazzurra e con i tifosi laziali che incitavano gli avversari a realizzare quanti più gol fosse possibile pur di far perdere lo scudetto alla Roma. Una partita non giocata insomma. E con i calciatori laziali intimoriti e “minacciati” fin negli allenamenti delle giornate precedenti Basterebbe questo per imbastire discorsi seri e importanti. Oggi “gole profonde” »raccontanto fatti clamorosi tutti da verificare e citano partite disputate. E i telegiornali delle tv private fanno scorrere le immagini sui dubbi e gli “errori ” commessi in campo da questo o quel giocatore. L’indecenza sportiva di quel Lazio-Inter non si regge su voci o congetture. Si trattò di uno scandalo al sole. E che giro di scommesse, lecite o illecite, si ebbe su quell’incontro?Non si era mai vista in alcuna parte del mondo una tifoseria di casa, incitare gli avversari alla vittoria. E che dire di giocatori ossequienti intenti a soddisfare i calcoli degli aquilotti sugli spalti, desiderosi di perdere pur di per erigere ostacoli sulla corsa della Roma verso lo sudetto? Un’inchiesta ci sta ora, e ci sarebbe stata bene allora. Altro che confessioni e supposizioni. La cosa lì fu palese e dichiarata. In omaggio ad un minimo di coerenza, anche quel 2 maggio avrebbe dovuto finire nel mirino dell’Ufficio Inchieste. Si ha invece la sgradevole sensazione che l’episodio sia stato considerato un simpatico momento di goliardìa.