(L. Panella) C’era una volta la ‘Rometta‘, una squadra con tanta buona volontà, tantissimi sogni ma soprattutto con pochi risultati. Era la Roma alla cui presidenza si succedevano cavalieri, commendadori, onorevoli ed anche conti. Conte lo era Francesco Marini-Dettina, numero uno del club giallorosso dal 1962 al 1965, scomparso quest’oggi. A darne notizia il sito del club giallorosso: “Nel suo ricordo, la societa’ si stringe attorno alla famiglia”. La politica societaria di quegli anni, a cui Marini Dettina non si sottrasse, puntava su acquisti di grandissimo nome per esaltare i tifosi. Il problema è che quei campioni ormai erano a fine carriera, e la competizione con gli squadroni del nord restava un’utopia.
Marini Dettina arrivò quando il panchina c’era Luis Carniglia, tecnico che predicava il bel gioco ed entrò in rotta di collisione con l’idolo ‘Piedone’ Manfredini. Marini Dettina, a sua volta non sopportava il tecnico, e approfittò dei primi risultati negativi per richiamare alla guida della squadra un ex campione del mondo come Alfredo Foni. Arrivò una Coppa Italia, ma non quel salto di qualità in campionato che consigliò un nuovo avvicendamento con l’argentino Juan Carlos Lorenzo, tra l’altro strappato alla Lazio, che però non riuscì a far meglio di un nono posto. In mezzo, anche la parentesi di tal Mirò, l’ultimo spagnolo in panchina prima dell’arrivo ai giorni nostri di Luis Enrique.
Quello di Lorenzo fu l’ultimo atto da presidente di Marini Dettina, che lasciò il timone all’onorevole Franco Evangelisti. Tra i grandi campioni portati alla Roma, un John Charles ormai sul viale del tramonto, e soprattutto Angelo Benedicto Sormani, il brasiliano che in altre squadre di affermò come campione di notevole prestigio. Indipendentemente dal rendimento in campo, Sormani incise in maniera decisiva sul bilancio. Mezzo miliardo, una somma enorme per quegli anni, che alleggerirono in maniera decisiva le casse sociali fino al passaggio del testimone. E’ legato a quella fase il momento probabilmente più grottesco e triste della storia della Roma, forse ancora più della retrocessione in B degli anni cinquanta: la famosa colletta del Sistina.
Non c’erano neanche i soldi per affrontare la trasferta di Verona, ed un cronista ebbe l’idea di sollecitare un’adunata di tifosi per una colletta. Cento lire a tifoso, senza distinzione di classe sociale, con Giacomo Losi, il capitano coraggioso che pochi anni prima aveva alzato la coppa delle Fiere (l’attuale Europa League) a girare con secchio in mano per raccogliere l’obolo fino a sommare 600.000 lire. Il tutto immortalato dalla televisione, interessatasi all’evento quanto meno curioso. Marini Dettina rifiutò indignato la somma: nobile, anche nell’animo, ingiustamente consegnato alla storia come il presidente della colletta del Sistina.