( A.Angeloni) – In Argentina ora lo definiscono «l’enamorado del gol». Forse un Erik Lamela così brillante sotto porta non l’hanno mai visto nemmeno a Baires, dove è nato poco più di diciannove anni fa. Troppo piccolo per incidere, non pronto per evitare lo scorso anno la catastrofica retrocessione del suo River.Ma il talento c’era e gli argentini se lo sono fatto pagare molto da quell’enamorado della bellezza applicata al pallone che è Walter Sabatini, ds della Roma. Bellezza applicata al pallone, appunto Erik Lamela, detto «el coco», il cocco. Cocco di Roma. Erik è un ragazzino con la faccia da tanghero, uno che fa facile l’impossibile, con quella carezza alla palla con la suola, la corsa leggera[…]
Assist, gol, mezzi gol (vedi Napoli). Ciò che stupisce è la sua personalità in campo e anche fuori (vedi episodio di Udine con Osvaldo, «ma è finita lì», ricorda il cocco). Erik, pur essendo giovanissimo, non dà mai la sensazione di aver appena finito di giocare con i Power Rangers (ma chissà se esistono ancora), anzi. Ti guarda, serio, con il sorriso cupo, ma in realtà a Trigoria si trova bene con tutti, Roma adesso è la sua dimensione, anche se l’italiano non è ancora il suo forte. Fa coppia fissa con Claudio, l’interprete ufficiale di Trigoria, che gli dà lezioni private e lo assiste anche in altre piccole, comuni difficoltà. Ad esempio: la squadra sta per lasciare l’albergo per dirigersi al campo (è successo a Bologna) e tu (Lamela) ti sei dimenticato l’hi-pod in camera? C’è Claudio, che si prende i rimbrotti di tutti, pur di accontentarlo. Ma che musica scolta? «La cumbia, una danza nata in Colombia». Così è, Mr Erik. «Cerco di essere me stesso, non mi piace strafare, ma nemmeno apparire troppo timido», dice, lui che in effetti è molto riservato, non ama la mondanità e, pensate, ha «solo» quattro tatuaggi. Abita a Palocco, nella ex casa di Totti, qui ha con se la famiglia. Gioca alla play con i fratelli, ama fare la spessa con la mamma Miriam e girare per Roma con Sofi, la fidanzata, ora tornata in Argentina. «La famiglia per me è tutto, mi trasmette serenità».
A Roma (la Roma giallorossa, ovvio) ora è Lamela-mania, tutti parlano di lui, di Erik sono incantanti. La gente lo ha atteso per un bel po’, colpa di quella caviglia, di quel dolore che non passava mai. Adesso lo vedi giocare e ti ritrovi a parlare di lui come erede naturale di Francesco Totti che, a quell’età, già ne faceva vedere di tutti i colori, con la stessa capacità di incidere, che adesso ritroviamo in Erik. «Francesco? Sono onorato di allenarmi con lui, c’è sempre da imparare. De Rossi? Mi ha impressionato. Il calcio italiano? Cinico». Per lui tutto è cominciato quel pomeriggio del 23 ottobre, Roma-Palermo, prima palla toccata, subito gol. Un predestinato, è venuto subito da dire. Poi, a passetti si è conquistato la platea, rendendola sempre più entusiasta.