(R.Renga) – Il Mercato calcistico internazionale si limita a tre giocatori e a quattro squadre: la quinta, la Roma, assiste dalla prima fila.
I tre nomi: Tevez, Pato, De Rossi. Le quattro squadre: Milan, Inter, City e Paris Saint Germain. C’è un unico denominatore: il made in Italy. Prendiamo i club: due sono milanesi, uno è guidato dal marchigiano Roberto Mancini e l’altro dall’emiliano Carletto Ancelotti, una volta chiamato tortellino e così si capisce che più italiano non si può. Mourinho è portoghese, d’accordo, ma due anni passati da noi l’hanno trasformato nel più acceso e focoso degli italiani, dei quali ha preso i difetti e non le virtù. E i giocatori? Tevez viene allontanato dall’irascibile Mancini, Pato è solleticato dall’amabile Ancelotti e ha (quasi) parenti delle nostre parti. Il terzo, De Rossi, è nato a Ostia, che è Roma, l’italianissima capitale. Insomma, tutto questo can can mediatico-calcistico, stringi stringi, è una faccenda nostra. Il resto d’Europa e del mondo neppure si scalda seguendo notizie che invece da queste parti tolgono sonno e appetito.
Come mai succede? Lo si è detto: perché ci sono gli italiani di mezzo. E perché gli italiani si comportano come i bambini davanti a Babbo Natale? E’ chiaro, è sempre stato così. In Italia il calcio è visto, con le eccezioni di Sacchi e di Zeman, come uno sport praticato da singoli, non come un insieme di singoli che formano una squadra. Se le cose vanno male, che si dice subito, senza neppure pensarci? La frase tipica è questa: chi si compra? E così Mancini chiede De Rossi, come se non gli bastassero le due squadre che lo sceicco bianco gli ha portato sul tappeto volante.Così la prima domanda che Ancelotti rivolge all’altro (ormai) italiano Leonardo è: e adesso chi prendiamo? Ricordiamo di passaggio che Allegri e Ranieri hanno seguito lo stesso percorso. Fateci caso.[…] Ai tifosi, che in quanto tali devono sognare e chiedere, chiedere, chiedere, dimenticandosi dei problemi economici, tutto questo non pare vero. E allora si aprono le danze. Che in qualche caso sono scandalose. Platini ci aveva parlato di fair play economico, poi, tra capo e collo, gli capita il miliardario folle proprio a casa sua. E che fa? Chiude un occhio. Il Barcellona, che intende, come il Porto o l’Ajax per esempio, il calcio in un’altra maniera, ha spedito a Roma per il trofeo Ielasi, in questi giorni, una classe di quattordicenni. Dopo il primo tempo stava battendo la Lazio per sei a zero. Quei ragazzi giocavano come la prima squadra.