Talmente bella da apparire noiosa. Tre gol in appena otto minuti, un possesso palla schiacciante, una miriade di tiri in porta, una superiorità fisica imbarazzante. La Roma di ieri ha emozionato e fatto sognare. Esultato e appassionato. Una squadra non perfetta ma di grande spessore. Pressing, sovrapposizioni e tagli sono diventati il marchio di fabbrica, ormai quasi indelebile, appiccicato sulla pelle degli apprendisti giallorossi. Cambiano gli interpreti, i ruoli, le posizioni in campo, le caratteristiche, gli antagonisti ma la creatura di Luis Enrique sta lì. Quasi sospesa nel vuoto, in una porzione di cielo azzurrissimo dove solamente in pochi riescono ad arrivare. E, soprattutto, a rimanerci. Come in un racconto di Kafka, in un meraviglioso mix fra realtà e grottesco con le avversarie impotenti e assoggettate al fascino del conquistatore. Come vittime designate da un’entità superiore che gestisce il loro destino e le imprigiona in una sorta di cella d’isolamento. La Roma non scherza. E il suo allenatore meno che mai. Il tempo per i giochi è passato da un pezzo: ciò che era zoppicante fino a qualche settimana fa, ora è ben saldo su entrambi i piedi. Un giocattolo dorato, una scatola magica in cui si gira la manovella ed esce la sorpresa. Un regalo per ogni tifoso, anche per quelli che all’inizio del viaggio (compreso il sottoscritto) erano scettici e intimoriti dalla rivoluzione. Un dono che, per l’ennesima volta, ha assunto le sembianze di Francesco Totti. L’uomo dei record che da un ventennio commuove e per l’eternità si farà rimpiangere. Un trentacinquenne che non soltanto segna ma crea, inventa, corre e prende calci. Tanti, un’infinità che farebbero passare la voglia a chiunque. A tutti ma non a lui. Perché il capitano non è solamente Checco ma anche Italo, Silvio, Gaetano, Dino, Franco, Giuliano, Agostino, Nils e così via, senza dimenticare nessuno. Il capitano è l’essenza della romanità giallorossa, la stella più lucente del firmamento romanista e che racchiude in sé il brillare di tutte le persone che hanno fatto della Roma una ragione di vita.
A cura di Piergiorgio Bruni