(A. Polverosi) – Il minestraro lo chiamava qualcuno a Roma. Nemmeno i fiorentini, forse solo i livornesi corrodono come i romani quando fanno i romani. Minestraro perché gira la solita minestra, perché alla fine ha perso uno scudetto in una sola partita, quella maledetta (per la Roma) contro la Sampdoria, contro Pazzini e la sua doppietta. Il resto, la rincorsa, la forza che aveva dato alla squadra (che non era dello stesso livello dell’Inter, questo non contava più nulla. Il bello di questo ragazzo di sessant’anni (o settanta, come diceva Mourinho, ma comunque sempre più giovane del portoghese) è che dentro resta sempre lo stesso. Davanti a denigratori, critici o ammiratori. Fuori è anglosassone, dentro è testaccino. Chiedete a Romario (a Valencia), Effenberg (a Firenze), ora a Sneijder: campioni, personalità forti, ma senza alzare la voce li ha messi in riga. Ha avuto squadre da rifare, talvolta da rottamare, ma in proporzione al materiale tecnico che gli hanno messo a disposizione ha vinto trofei veri, di cui ancora oggi la gente è costretta a ricordarsi. Soprattutto ha allenato giocatori fantastici e ha avuto capitani straordinari.
L’INCONTRO CON TOTTI – Oggi torna a Roma e riabbraccia il penultimo capitano della sua lunga serie. «Siamo romani, le battute ci vengono lì per lì», ha detto Claudio parlando di Totti, sapendo che vengono meglio al suo ex numero 10. Non ne ha bisogno, di battute, quando invece racconta i suoi capitani. Due giorni fa ha detto: «Totti è come Del Piero e Zanetti, giocatori immensi. Finché il calcio avrà questi uomini non finirà mai». Non sono tanti gli allenatori che possono iscrivere nomi del genere fra i loro capitani: Gianfranco Matteoli a Cagliari, Ciro Ferrara a Napoli, Gabriel Batistuta a Firenze, Marcel Desailly al Chelsea, Andoni Zubizarreta a Valencia, Alessandro Del Piero alla Juve, Francesco Totti a Roma e oraJavier Zanetti all’Inter. Non uno di questi giocatori ha fatto parlare di sè se non per le doti tecniche e le qualità della persona. Hanno giocato, discusso, lavorato tutti con Ranieri. Forse qualcosa vorrà dire.
IL RILANCIO – Ranieri arriva alla sfida con la città, la squadra e la curva che ama in una situazione meno semplice di un paio di settimane fa. Dopo 7 vittorie a fila, le due sconfitte di Napoli (in Coppa Italia) e Lecce (in campionato) e il pareggio di San Siro col Palermo hanno frenato la rincorsa e assegnato all’Inter un obiettivo forse definitivo: il terzo posto. Sperare in qualcosa di più è arduo. (…)Nella sua città sprofondata nella neve, Ranieri dovrà dare vita a una squadra nuova, quella del dopo-Thiago Motta, giocatore fondamentale nella rincorsa e passato giorni fa al Paris Saint Germain solo per vantaggi economici (del giocatore e dell’Inter). Manderà in campo Palombo dal primo minuto, in attesa di avere a disposizione anche Guarin. Allora dovrà ripensare a un’Inter diversa, intanto deve trovare il modo di rimettere questa in marcia. Poi Roma gli dirà se ha nostalgia di lui o se invece Luis Enrique ha cancellato il suo ricordo.