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CORRIERE DELLO SPORT. Viviani: “Vinco il Viareggio poi torno a scuola”

Federico Viviani

(F. M. Splendore) Federico Viviani è il capitano della Primavera di Alberto De Rossi. Capitan Presente. E’ un capitano che si vede e non si vede, c’è e non c’è. Perché nel frattempo Luis Enrique lo ha portato in prima squadra. Ma oggi ci sarà, nella finale del Viareggio. Come c’era sabato nella semifinale. E’ arrivato allora, prima stava con i più grandi a imparare. E a giocare, come nella sconfitta a Siena lunedì scorso. Viviani è stato modellato da De Rossi nell’ultimo biennio. E ora impara con i grandi: da Luis Enrique, che crede in lui, e da un altro De Rossi, Daniele. E in Primavera gioca come lui, vertice basso. Viviani è di Grotte di Castro, in provincia di Viterbo, ed è intriso di Roma. Ha 19 anni, ma ne compirà venti tra poco più di un mese, il 24 marzo: 24, come il numero di maglia qui alla Viareggio Cup. Se Daniele De Rossi è Capitan Futuro, Viviani potrebbe diventare Capitan Futurissimo. Ma questo lo diciamo noi. Lui arrossirebbe a pensarlo. Magari lo sogna… Anzi, lo sogna

Togliamoci il dente, cominciamo dal rigore sbagliato in partita con la Fiorentina sabato… 

«Mamma mia. Per fortuna l’abbiamo rimessa in piedi. Può capitare di sbagliare. Ma avevo il fuoco dentro».

Però, alla serie dei rigori finali, ecco il capitano di nuovo lì, per primo. Timori?
«Non ci ho proprio pensato. Quello era un atto dovuto, ai compagni, alla squadra: sono il capitano e le

 responsabilità devo prendermele. Con il tecnico abbiamo deciso insieme: o meglio, lui ha deciso, ma probabilmente aveva letto nei miei occhi la voglia matta di tirare per primo. Gli ho dato disponibilità assoluta. Sentivo di aver recuperato la giusta tranquillità».


Poi con la Fiorentina…
«Davvero, sembrava diventato un incubo. Coppa Italia, Supercoppa, una volta dovevamo riuscire a batterli! Devo dire che il gol dopo pochi secondi e il mio errore avrebbero potuto buttare giù qualsiasi squadra, invece siamo stati bravi a mantenere la calma e a ripartire».

Ora la Juventus. La Coppa è lì. Ve la prendete?
«Dobbiamo prenderla. Loro non li abbiamo mai incontrati, sappiamo che sono forti. Ma la coppa a Viareggio è quello che ci manca. Lo scudetto lo abbiamo vinto, la Coppa Italia potremo riprovare a vincerla visto che siamo di nuovo in finale. Questo trofeo ci manca proprio».

Tra ragazzi vi conoscete sempre. Amici nella Juve che affronterete in finale?
«Conosco Libertazzi, ci ho giocato una partita nell’Under 19. Gli altri no, nessuno».

Quando comincia la storia tra Viviani e la Roma?
«Sette anni fa: avevo 13 anni, dopo aver giocato nel Grotte di Castro feci un provino all’Inter e uno alla Roma. Scelsi la Roma, era più vicino a casa e poi…»

E poi?
«Beh, visto quello che è successo posso dire di aver fatto proprio la scelta migliore».

E… che è successo?
«Che sto avendo delle opportunità e che so valutare da solo come una cosa del genere, a nemmeno vent’anni, significhi tantissimo perché io sto alla Roma, una società importantissima. Questo vuol dire che qualcuno crede in me: dal tecnico della Primavera, al tecnico della prima squadra e alla società: mi hanno dato la possibilità di far vedere quanto posso valere».

Questo cosa lascia dentro?
«Una carica infinita, ma anche la consapevolezza di dover migliorare, crescere, imparare. Ogni secondo che sto con loro. Lo ripeto: io qui devo soltanto ringraziare tutti per quello che mi stanno facendo vivere».

Il ruolo in Primavera è quello di De Rossi. Daniele De Rossi. E anche in prima squadra sta succedendo così.
«E’ il ruolo in cui mi riconosco e che mi piace. Lo sento mio. E ho la possibilità di impararlo da un grande campione. Uno che, tra l’altro, assieme al tecnico della prima squadra mi riempie di consigli. Dovunque sto, in allenamento, in panchina, io lo guardo e rubo con gli occhi».

Daniele De Rossi fece anche un bel complimento, incoronando Viviani come De Rossi del futuro…
«Me lo ricordo benissimo, era in estate. Lo ha detto, me lo ha ridetto a me. E io che devo fare? Ringraziare. E pensare a quanta strada devo compiere per provare solo a pensare di diventare come lui. Un campione del mondo. Davvero mi sembra una roba pazzesca. Poi io imparo, imparo. E sono circondato da persone disponibili. Luis Enrique mi sta dietro, mi parla, mi guida. Questo è troppo utile per un ragazzo che sogna di arrivare a giocare a certi livelli».

Da capitano si sente la responsabilità per questa finale a Viareggio? 
«Non lo nascondo, sì. Ma fa parte del gioco. L’ho detto prima, io le responsabilità amo prendermele, non mi tiro indietro mai. E in tutto questo, mi dà carica la fiducia che sento attorno».

Allora, sotto con la Juventus, a caccia del trofeo che manca.
«Io sono pronto, noi siamo pronti».

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