(U .TRANI) –«E’ un’altra grande chance: dobbiamo sfruttarla». Luis Enrique, agguerrito e anche irritato, invia il messaggio alla Roma e, senza nascondersi, anche a se stesso. Perché contro il Parma, all’Olimpico alle ore 15, il successo diventa obbligatorio. Per scavalcare l’Inter sesta e il Napoli quinto e per cercare di avvicinare il terzo posto (…). Raggiungere il gradino più basso del podio è l’unico obiettivo rimasto in questa stagione di rinnovamento. Un traguardo che la proprietà, con l’intervento di giovedì del diesse Walter Sabatini, considera possibile. E in questo senso anche l’asturiano è avvisato. Bisogna avere più continuità di risultati. Il campionato non aspetterà ulteriormente i giallorossi dal rendimento intermittente.
Luis Enrique sente la responsabilità. Ma chiede che il suo gruppo lo segua con più passione. Mentre parla, si accende. E’ teso e nervoso. I giocatori lo hanno fatto arrabbiare nell’allenamento della vigilia che non gli deve essere affatto piaciuto. E nemmeno quelli precedenti che sono venuti dopo la deludente prova di Siena, dove la sua Roma ha perso per la decima volta (…). Mai, a cielo aperto e in pubblico, era stato così duro con la squadra, durante il lavoro. «Siamo, di qui alla fine, tutti sotto esame. Loro ma pure io», avverte, sbuffando.Concetto che ripete più volte. Per legarlo la gara di oggi pomeriggio e a quelle che la seguiranno: «I calciatori devono sapere di avere la grande opportunità di fare una bella figura con il Parma. Ma dopo anche con l’Atalanta e dopo ancora con la Lazio. E via così, fino alla conclusione del torneo. Nessuno ha il posto garantito. Nè i giocatori nè l’allenatore. Dipende sempre dai risultati. Non confermo nessuno, neanche me stesso. Bisogna lavorare ogni giorno, in ogni allenamento e in ogni partita per avere la possibilità di continuare in questa meravigliosa squadra: come per gli studenti, alla fine ci sarà la pagella». Il discorso è allargato pure alle scelte per migliorare questo gruppo. Da fare più avanti.«Come faccio a pronunciarmi ora? Non so che cosa succederà fra nei prossimi mesi. Il mio lavoro è solo per questa partita, da preparare con la rosa che ho e che ritengo la migliore in questo momento». Niente mercato, dunque, soprattutto davanti alle telecamere. «Io non sto ancora pensando alla squadra del prossimo anno, almeno pubblicamente». Lo dice perché non può negare di confrontarsi quotidianamente, sui rinforzi, con Sabatini. Pure sull’ultimo arrivato, il brasiliano Marquinho che «non è ancora pronto».
C’è, però, da salire in classifica. La stagione fin qui è deludente. Settimo posto, anche se con una partita in meno rispetto al Napoli e all’Inter che sono davanti: oggi la Roma non avrebbe posto nemmeno nella prossima Europa League. «È un’ipotesi. Meno male che il torneo non è finito. Mancano ancora quindici giornate. Io, comunque, non ho mai detto che questo è un anno di transizione». Ma insiste: «Non m’importa di pianificare per il prossimo anno. Il primo esame sarà proprio con il Parma: si vedrà chi vuole restare a Roma. All’Olimpico ci sarà il vero professore: il tifo. Se non lo accontenti, altrimenti non ci sarà nessuno da confermare. Con questo messaggio la Roma diventerà grande». (…) «Prima c’è l’allenamento, importante per affrontare la partita che rappresenta l’esame. Ho fatto tutto il possibile in settimana per battere il Parma. Se faccio una brutta figura o subisco una sconfitta, mi rialzo e preparo la prossima gara. È la mia filosofia. Non regalo nemmeno un allenamento, così posso tornare a casa a testa alta, altissima».
Torna sulla Roma di Siena, inguardabile anche per lui. «Mi aspetto un livello superiore rispetto a lunedì altrimenti sarà molto difficile vincere. Ma abbiamo lavorato su come combattere il Parma, in fase difensiva e offensiva. Vediamo se riusciamo a farlo». Con Donadoni in panchina, l’avversaria è imbattuta: 2 vittorie e 3 pareggi. «Il Parma ha un altro allenatore con un pensiero diverso che mi piace. Perché vuole proprorre qualcosa. Soprattutto Floccari e Giovinco sono giocatori che possono metterci in difficoltà». Gli alti e bassi della Roma sono evidenti. «Ma non è una questione tattica. E nemmeno fisica o mentale. Dipende da quanto sono bravi i rivali in una partita e da quale è il nostro livello nella stessa gara. E non dipende dall’età della mia squadra. Io scelgo sempre guardando alla qualità e alla personalità». E qui fa un riferimento alla Primavera: «E’ la nostra squadra B. Ma il livello del suo torneo è basso rispetto al nostro. C’è troppa distanza. Così non possiamo avere subito giovani pronti per la serie A».