Dare la colpa a Kjaer per la sconfitta di Siena, oltre ad essere un esercizio pleonastico, rischia di mettere in secondo piano le vere difficoltà vissute dalla Roma. Detto questo, si può provare ad andare avanti con maggiore lucidità. Otto partite perse in campionato, più quelle in Europa League e Coppa Italia, porta il consuntivo della stagione a dieci. Che fosse un’annata di assestamento si sapeva, che la pazienza dei tifosi sarebbe stata messa a dura prova era alquanto evidente, tuttavia c’è una variabile da tenere in considerazione: la squadra di Luis Enrique, pur essendo numericamente ampia, non va oltre i dodici/tredici veri titolari. Dove il termine “titolare” rappresenta un giocatore capace di esprimersi al meglio nel sublime quadro tattico inseguito dall’asturiano. L’impressione che traspare al di fuori è fuorviante e difficile da digerire. L’alternanza di risultati, la mediocre forma di alcuni elementi e l’inadattabilità a determinate esigenze di gioco proiettano la Roma in un universo parallelo. In un posto senza dimensioni e confini, dove il tempo si ripete faticosamente. Un luogo fantastico in cui il cane si morde la coda, dove l’acqua si trasforma in ghiaccio e, subito dopo, torna al suo stato liquido. Sembra quasi l’eterno ritorno delle cose passate, in un’azione definita che fa rivivere situazioni sopite nel corso dei mesi e, improvvisamente, sottrae l’attenzione dalla realtà. L’oggi, però, è tanto importante quanto il domani. Molti tifosi si sono stufati di vedere gare disegnate con lo stampino e di essere spettatori di un progetto che non regala certezze per il futuro. Calma, ottimismo, positività stanno perdendo la loro supremazia e, silenziosamente, forse anche in modo involontario, lasciano campo libero a noia, disillusione e amarezza. Certo, l’equilibrio non appartiene a questa città, ma c’è un obbligo a cui la Roma non si può assolutamente sottrarre: il rispetto per chi, contro tutto e tutti, ama la maglia giallorossa. Un riguardo che, ancora una volta, è venuto meno. Tocca svejasse e dasse na mossa perché il Romanticismo è finito da un pezzo e lo spread continua a salire. Vorticosamente.
A cura di Piergiorgio Bruni