(F. Balzani) –«Problema psicologico? Da ridere». Un mese fa, dopo la sconfitta in Coppa Italia con la Juve, Luis Enrique aveva replicato con una risata a chi vedeva nell’altalena di risultati della Roma un problema caratteriale. Ora che l’altalena è diventata un ottovolante, a Trigoria non c’è più molta voglia di scherzare. La squadra, infatti, non riesce a trovare regolarità e si esalta o deprime con troppa facilità. «Colpa della giovane età dei giocatori», secondo Baldini. Ma la fragilità della Roma non può non far venire in mente il nome di Tonin Llorente, il mental coach voluto fortemente da Luis Enrique in estate. La Roma, seppur non convintissima, aveva accontentato Lucho ingaggiando (e non per pochi euro) il motivatore che avrebbe dovuto ricalcare le orme di Manuel Estiarte: l’ex-pallanotista, ombra di Guardiola nel Barça.
Llorente, 48 anni, è il nipote della gloria madridista Paco Gento, è stato un discreto giocatore di basket del Real
(dal 1982 al 2002) ed ha lavorato come mental coach in aziende come l’Endesa e la Portaventura. Poi l’amicizia con
Lucho. I due si sono conosciuti durante l’Iron Man (triathlon estremo), sono vicini di casa e passano insieme gran parte della loro vita fuori dal campo. Luis Enrique si fida ciecamente di lui, ma i frutti del lavoro di Llorente non si vedono e non è bastato finora qualche girotondo o il famoso cerchio umano prima delle partite per superare quello che a Roma è un problema atavico, la continuità.