(L. Valdiserri) – Alla Lazio è riuscito quello in cui la Roma ha completamente fallito: vivere una sola dimensione, quella del presente. Nessun fronzolo, nessun sogno, nessuna concessione alla parte «ideale» del calcio: solo sostanza. Non è poco, soprattutto se si considera che al tecnico Edy Reja mancavano otto giocatori e che la panchina era ridotta ai minimi termini. Potrebbe essere poco per un salto di qualità definitiva nel futuro, ma questa è una parola che al presidente Claudio Lotito non interessa. Ed è difficile dargli torto, con due derby vinti su due e con il terzo posto in solitario. La Roma, invece, è rimasta nella terra di nessuno, pagando caro e pagando tutto. L’errore più grande, adesso, sarebbe buttare tutto all’aria e rinunciare all’idea che ha comunque portato giovani dal sicuro futuro come Fabio Borini, l’argentino Erik Lamela e il bosniaco Miralem Pjanic a giocare da titolari praticamente per tutto il campionato. Però si deve comprendere il tifoso che oggi si sente umiliato da una stagione disastrosa (10 sconfitte in campionato, subito fuori dalla Europa League e presto dalla Coppa Italia). Qualcosa deve cambiare. Difficile dire se l’allenatore oppure i giocatori. Chi scrive pensa i secondi, ma il dibattito è aperto. Dal derby della gioia biancoceleste e della depressione giallorossa escono così due domande «temporali». La Lazio si deve chiedere come dare un futuro a un presente bello ma che rischia di essere un po’ miope. La Roma deve imparare a vivere l’attualità e non solo il progetto. Inutile dire che si viva molto meglio con la prima domanda che con la seconda. Lo ha già spiegato, con dovizia di particolari, il risultato.