(A. Catapano) Finito a chi? «Vorrei giocare nella Roma fino a 37 anni, se mi accettano. Chiudere la carriera in questa splendida città, che è diventata un po’ mia. E poi, quando avrò appeso gli scarpini, diventare allenatore nel settore giovanile. I bambini sono la cosa più pura della vita. E loro non pensano ai soldi, almeno all’inizio».
Innamorato Quando un uomo sui 30 anni parla così, sogna di diventare papà. «Sono fidanzato con una ragazza di Acilia, conviviamo da mesi». Signore e signori, ecco il Rodrigo innamorato. Della ragazza, del lavoro. Della vita. Taddei, un professionista esemplare e — sottolinea al microfono di Radio Due, intervistato da Max Giusti — davvero «un ragazzo semplice». 32 anni, brasiliano di San Paolo, tre squadre nella sua carriera (Palmeiras, Siena, Roma), tante soddisfazioni, un dolore atroce (la perdita del fratello minore Leonardo, vittima di un incidente stradale), molte vite vissute, tante ripartenze, quelle care a Spalletti. «Un aggettivo per lui? Un matto». Mentre Ranieri è stato «un signore» e Luis Enrique è «un grande motivatore».
Duttile Fu proprio Lucianone, negli anni d’oro della Roma d’assalto in Italia e in Europa, a scoprire la duttilità del brasiliano. Esterno destro, sinistro, trequartista, centravanti, all’occorrenza pure mediano e terzino (qualche anno prima dell’avvento di Luis Enrique). «Pensavate che mi mancasse il portiere — ride —? E invece l’ho fatto, al Palmeiras, dopo che il portiere era stato espulso. Mi segnò un certo Romario, ma su rigore». Perciò, quando Giusti gli chiede come si trovi nei panni del terzino, assicura: «Nessun problema, per me è stata una fortuna giocare in tanti ruoli diversi». E, bisogna riconoscerlo, pure con un discreto successo. Ora, Taddei non sarà un calciatore tanto appariscente (almeno in questa fase lo è meno), ma molto utile sì. Per tutti gli allenatori che lo hanno incontrato, Luis Enrique non ha fatto eccezione: 18 presenze in campionato, 2 in Coppa Italia, 1 rete, sempre da titolare, tutte da terzino, equamente distribuite tra fascia destra e sinistra. È il suo curriculum stagionale, che ha immagini meno abbaglianti del passato («Il gol più importante? A Madrid in Champions. Il più bello? Al Cagliari in rovesciata», ricorda Rodrigo), ma la stessa imbattibile sostanza.
Il segreto? Sempre lo stesso. «Non mollare mai, mantenere il rispetto per gli altri, non dimenticare la famiglia e gli amici». E, ovviamente, allenarsi sempre, bene, non lasciare nulla di intentato. «Io mi alleno pure a casa, con una palla di spugna. Il pallone è il mio lavoro, ma innanzitutto un grande divertimento per me». Taddei, l’uomo che beve solo acqua e Coca Cola (è astemio) e sogna ancora la Nazionale italiana («Ho bisnonni di Perugia e Torino, prima pensavo solo alla Seleçao, ora ho cambiato opinione»), promette di prendere ancora per mano la Roma. «Sto benissimo, ne ho ancora per parecchio». Finito a chi?