(A.Angeloni) – E il giorno dopo, la colpa è di Francesco Totti. È successo all’indomani di Roma-Juve (rigore parato da Buffon e vittoria svanita) e della partita di domenica a Milano quando, dopo cinque minuti del secondo tempo, Francesco avrebbe scelto di fare la cosa sbagliata. Così sussurra una (quasi) intera città, tra una twittata e un’altra o dando voce a qualche radio, pronta a raccogliere la delusione per una sconfitta evitabile. Quel cucchiaio, che in passato è diventato un libro, un dvd, un servizio televisivo, una fotografia, un marchio di fabbrica, ora è andato di traverso a molti. (…). Totti, perché lo ha fatto? Come mai non ha liberato la potenza del suo destro? Non era meglio fare gol piuttosto che sprecare la chance del possibile 2 a 0? Certo, era meglio vincere che perdere, è sempre meglio vivere che morire. La vita è fatta di scelte, a volte non giuste, a volte obbligate. «Il mio primo pensiero non era quello di fare il pallonetto, ho pensato di tirare forte, magari di andare avanti qualche metro in più con la palla al piede», racconta il capitano della Roma nel discusso «day after». Francesco è nella sua casa al Torrino. Ha voglia di spiegare, nulla da rimproverarsi e quindi scende nei particolari. «Il problema è semplice da chiarire: ho avvertito un dolore alla coscia e non me la sono sentita di forzare il tiro, ho scelto la soluzione più leggera, lasciando stare la potenza per paura di strapparmi seriamente e stare fuori ancora per tanto tempo». Ecco la spiegazione, ma forse non basterà. Totti in effetti ha finito il primo tempo con un dolore sotto la coscia, negli spogliatoi del Meazza lo ha fatto presente ai medici, che hanno pensato subito di non consegnarlo a Luis Enrique per il secondo tempo. Il capitano ha scelto di continuare, è andato in campo ed è successo quello che è successo. (…). Ma se avesse fatto gol in quel modo, oggi staremmo ad aggiornare i dvd e tutto il resto di cui sopra. «Detto questo, il cucchiaio l’ho sempre fatto e per me non è mai stato un problema, anzi. È un gesto tecnico che fa parte della bellezza del calcio», conclude il capitano della Roma. Del resto Francesco Totti ha contribuito in tutti questi anni, con gol e giocate di altissimo livello, in giallorosso e in azzurro, a rendere più spettacolare l’intero movimento. Ora, a quasi 36 anni, viene criticato perché non è più quello di prima. E l’errore gli si perdona meno. Se prima aveva solo numeri positivi, oggi non è così e improvvisamente diventa un peso. Se è vero che il capitano della Roma non segna in trasferta dal primo maggio scorso (a Bari, doppietta a Gillet), in questo campionato ha realizzato solo quattro reti (due al Cesena, e due con il Chievo su rigore), tutte a gennaio del 2012, in due sfide consecutive giocate all’Olimpico. Pochi per uno con i suoi numeri: 692 partite da professionista, 619 da titolare, 274 reti. Miglior marcatore italiano in attività. E ancora dati: la Roma con in campo il capitano, quest’anno ha giocato 20 partite, 10 le ha vinte, 5 le ha pareggiate, 5 le ha perse, senza Totti ne ha giocate 9 (contro Lazio, Palermo, Milan, Novara, Udinese, Fiorentina, Atalanta e due volte con il Genoa), 3 le ha vinte, 6 le ha perse. E domenica, quando al dodicesimo del secondo tempo, Luis Enrique lo ha richiamato in panchina, Milan-Roma era 1-1. I numeri di un problema chiamato Francesco Totti.