(V. META) – Trentotto anni fa, Agostino Di Bartolomei. Diciotto anni fa,Francesco Totti. Oggi tocca aFederico Viviani raccogliere l’eredità dei capitani della Primavera che alzano la Coppa Italia davanti al pubblico di casa. Quando conquistarono i torfei del 1974 e ’94 entrambi gli illustri predecessori avevano già esordito in Serie A e con i coetanei non giocavano più da mesi. Proprio come Viviani, da due mesi e mezzo stabilmente in prima squadra e tornato con i compagni per le grandi occasioni. «Ci voleva proprio una notte così – diceva Federico salutando qualche amico all’uscita dello stadio -. Ce la meritavamo tutti quanti». Ci voleva per restituirgli il suo sorriso migliore e anche per lavare l’amarezza della finale di Viareggio: quella sconfitta non gli è mai andata giù, allo Stadio dei Pini era fra i più attesi ed è uscito delusissimo. Non è uno a cui piaccia perdere, Viviani, figuriamoci quando ha anche la fascia di capitano al braccio.
Quando è andato a rispondere alle domande della tv dopo il giro d’onore con la Coppa, il precedente di Totti capitano della Primavera di Coppa è stato la prima cosa che gli hanno fatto notare («Un grandissimo onore», l’ha definito lui), ma l’altro, quello di Di Bartolomei, non è venuto in mente a nessuno. Nella stagione di grazia 1973-74 la Primavera centra la doppietta campionato-Coppa Italia ed è Agostino ad alzare entrambi i trofei, maglia numero otto e fascia di capitano al braccio. Dopo la finale scudetto (4-0 al Milan, che si sarebbe trovato contro anche alla prima da capitano in prima squadra), Di Bartolomei tiene un piccolo discorso di ringraziamento nel ristorante dove la squadra si era spostata per i festeggiamenti ufficiali. Fra i suoi ascoltatori, oltre al presidente Anzalone, c’è Nils Liedholm: « Parlò con grande disinvoltura – ricordava il Barone -, mostrando un’esperienza e una maturità non comuni per un ragazzo di appena diciannove anni. Io ascoltai con attenzione e dentro di me pensai: “Questo è un vero capitano”». Un’eredità tutt’altro che leggera per il centrocampista che ha stupito Luis Enrique nel ritiro di Brunico, fortuna che la personalità non gli fa difetto. II capitano che insegue i Capitani tornava all’Olimpico tre mesi dopo avervi esordito in Serie A, titolare naturalmente, e proprio contro la Juve. Quella sera di dicembre è stato l’unico romanista a lasciare il campo da vincitore, giovedì si è preso il gusto di vederli uscire a testa bassa. Da capitano vero si è preso le responsabilità in mezzo al campo, ha messo ordine per novanta minuti senza strafare – non ce n’era bisogno -, restando lucido fino all’ultimo. La Coppa la sentiva talmente sua che alla fine non voleva separarsi dalla medaglia: «Scusate, ma questa stanotte non me la tolgo» diceva avviandosi verso i cancelli. Il numero sulla maglia è un altro, ma per il terzo capitano di Coppa la rincorsa è già cominciata.