(C. Zucchelli) – A volte non serve camminare a testa bassa verso i tifosi per far capire di essere dispiaciuti. Non serve presentarsi davanti i microfoni e raccontare quelle che, tante volte, sono solo leclassiche banalità post-derby (perso) per dimostrare qualcosa. Magari però ci si può fare un’idea guardando la capriola di disperazione quando un colpo di testa, proprio sotto la Sud, esce di 30 (40?) centimetri. Un colpo di testa che magari non è proprio la specialità della casa, anche se alla Lazio così e proprio lì un gol qualche anno fa lo ha fatto, ma che non sarebbe stato solo una rete per il pareggio. Sarebbe stato tanto altro. Per quanto significava quel punto strappato dopo aver giocato in dieci contro undici e per chi lo aveva conquistato. Lui, Francesco Totti. Novanta minuti a correre per tre, due reti sfiorate – oltre al colpo di testa anche un destro finito poco distante dall’incrocio dei pali – sacrificio e sofferenza. Prima, durante e soprattutto dopo la partita. Il silenzio del Capitano racconta questo. Il silenzio del Capitano è fatto però anche di parole ai compagni e all’allenatore. Totti pubblicamente sta zitto. Ma in privato, e le cose che contano così si fanno, non fa mancare a Luis Enrique il suo appoggio, non l’ha mai fatto anche quando le perplessità tattiche e tecniche erano più forti della fiducia che lo spagnolo, giorno dopo giorno, si è conquistato. Partendo malissimo peraltro, da quel primo schiaffo dell’esclusione in Europa League, la prima gara ufficiale, Totti in panchina, in campo Okaka, che non aveva fatto neanche il ritiro, ma era rimasto a Roma a lavorare con quelli che non rientravano nei piani. Una settimana dopo Totti era in campo, ma Okaka entrerà di nuovo, proprio al suo posto. Totti esce, la Roma pure, e c’era chi scommetteva che il tecnico spagnolo non sarebbe arrivato non solo al panettone, ma neanche alla vendemmia, visto che aveva pensato bene di mettersi, appena arrivato, in rotta di collisione proprio con l’uomo più importante della squadra. Storia passata: il tecnico non ha mai ammesso l’errore, ma lo ha capito benissimo, e il rapporto tra i due è diventato sempre più solido. Al punto che oggi Totti è uno di quelli che vive peggio il momento di una Roma che sembra non avere più nulla da chiedere al campionato (e invece ce l’ha, eccome…) e forse solo l’allenatore in questo momento è più cupo di lui. Anche e soprattutto per questo Totti sta con Luis Enrique. Intanto, si lavora per il progetto, per vedere chi potrà servire l’anno prossimo e chi ha concluso il suo ciclo. Torneranno a giocare i giovani, visti anche gli infortuni: spazio ai variKjaer, José Angel, Bojan, forse Viviani e Piscitella. Accanto a loro, toccherà ancora a lui: i senatori servono per non mandarli allo sbaraglio, e se Heinze dovrà avere un occhio di riguardo per Kjaer, Totti dovrà occuparsi di tutti gli altri, centrocampisti e attaccanti, visto che ormai galleggia da quelle parti, lontano da quella porta avversaria che un tempo era casa sua. E che lo è stata anche tra dicembre e gennaio. Il suo periodo migliore, guarda caso (che poi caso non è) il periodo in cui la Roma è andata meglio e in cui lui, come sempre, lavorava in silenzio. E a testa bassa. Lo farà anche ora, per farla alzare alla Roma.