Dopo la sconfitta contro il Milan di sabato scorso, Kansas City ha commentato come di consueto il match. Questo il suo articolo:
“Quando finisce il minuto di silenzio una poderosa pacca sulla spalla avverte Franco. Se gioca.
A San Siro, Milano, laddove se sognare è quasi sempre proibito, quest’anno, l’anno dei record al ribasso e de la revolucion dietro l’angolo più lungo della storia, azzardare il sogno dei tre punti, ma anche di un punto solo, spalanca le porte delle prese per il culo e della superbia oltre ogni immaginazione. E però il caso vuole che oggi, er Mila, forse proprio perché l’avversario de giornata semo noi (cosa che non ammeteremo mai), se presenti sule zolle meneghine co nundici ibrido de vecchie glorie, glorie incerottate ar punto da dové presto lascià er campo pe altre vecchie semiglorie, capigliature piramidal post punk, fluidificanti da primavera magrebina (che i vostri due amatissimi accompagneranno in ogni sua singola azione co un: se vabbè allora Mesbah è forte) e Ibrahimovic. Noi, invece, più o meno semo i mejo. Coll’eccezione de Pjanic in panca, in campo ce so i due capitani, ce so er Caciara e Erfucipolla, Aquistinho s’è mbustata na maja e là dietro semo zavorrati co Rosi e Chiaia, compensati dar Cannicane e quello che i commentatori de Roma Cianner chiameranno Rodry pe tutta la gara, scorciatoia confidenziale poco e goffamente scorciata ar punto che chiamallo Taddey sarebbe stato più cool.
Noi cominciamo la tenzone co na tenzone addosso degna de miglior causa, la percentuale der possesso palla, unica componente delo staff giallorosso che torna sempre e comunque a casa contenta, stavorta c’ha er broncio. “Mbè? A regà, se rinunciate financo a me, a me che ogni vorta ve paro er culo co armeno un argomento da addurre a difesa dei vostri discutibili risultati, sete popo stronzi”.
“Oh a Possy, che te possyno, nte devi scardà a sta maniera, questo è er Mila, mica Erno Vara, mo’ ce provamo a tiratte mpo su, ma nun è facile, qua c’è da non pialle e da dalle, nse po fa na cosa sola, er pacchetto è tutto compreso” prova a risponde na delegazione co la majassorica. Ma mentre l’altri parlano c’è già qualcuno che agisce, è Er Caciara (che continueremo a chiamà così anche se ha detto che je piace de più Nascar, è giovane, un giorno capirà) che ar grido de “Thiago, je la fai o stai a fa er vago?” je fa letteralmente e non metaforicamente stirà le zampe ar Silva de turno e lo leva dai giochi. “Diamine, un sicuro protagonista del match lo abbandona anzitempo, che disdetta, questo funesto accadimento non potrà che inficiare il tasso tecnico dell’intero incontro” pensiamo tutti.
Ma ner mentre che se inficia, questi ce provano, e tipo pe na mezz’ora bona noi la porta non la vedemo proprio, invece loro la nostra la vedono eccome, e anche se chi la difende non la sente, non vordì che non c’abbia er buongusto de difendela cor tatto che gli è consono, risparmiando a tutti i nostri olfatti fragranze difficili da sopportare. Dopo i tentativi de Urby, de Sulley e de Zlaty sventati o usciti de poco, quer giovane dalla testa a cresta de gallo e dalle sopracciglia a cazzo de cane ce va vicino veramente. Ma la primavera araba era nanno fa, e così la paraboletta arcuata che Er Faraone scocca da Treqquarti Tahrir se va a infrange contro er palo della giunta militare, e sul rimpallo tra Nocerino, Ibra, Heinze e Stek succedono cose strane e che non vogliamo ripete, roba de diritti negati e democrazia sospesa, perlomeno quer tanto che basta pe nonfacce pià gò, ma che non sembra sufficiente a evità lo scoramento incipiente
“vabbè ce po’ sta a perde cor Mila”
” oh è la capolista lo devi mette in conto”
“se c’è na volta che non contano solo i punti è questa”
“a sto giro me interessa soprattutto la prestazione, poi contro Ibra se sa com’è”
“ma infatti sì, mejo na partita gajarda che un risultato bugiardo”
Manco er tempo de finì de dì ste stronzate che nell’ordine succedono sti fatti:
Se ricordamo de superà metà campo
Lo famo portandose dietro er pallone
Se avvicinamo ar punto de vedè che faccia c’ha Abbiati
Conveniamo sur fatto che tuttosommato stavamo bene pure senza vedella
Epperò già che ce stai che fai, non je lo fai un tiretto? Non je li sporchi sti guanti? Capitan Mo raccoje na palletta senza arte ne parte che vivacchia al limite, je da na botta de vita e la spigne verso il rettangolino che ci esalta, ed è a quer punto che se ricordamo de nantra cosa: sta a giocà pure Osvardo! Oh anvedi come se butta, oh, capace che la struscia, oh, l’ha strusciata, oh, amo segnato, OH, STAMO A VINCE A MILANO!
Pe na vorta succede a noi quello che famo succede sempre a chi ce incontra. Senza avè fatto niente, restando a guardà l’artri che se passano er cuoio, fortificandose barricati a mo’ de frangiflutti, non solo amo respinto l’alta marea, ma semo riusciti a spiscettà un rivoletto che zitto zitto è andato oltre le sabbie mobili ed è finito in porta. Amo fatto catenaccio contro gente più forte e poi amo provato a segnà quando se poteva. Fica sta cosa, toccherebbe provalla ogni tanto.
Ed è co sta suggestione esotica de un carcio diverso in quanto normale che annamo a riposo mpo straniti, privi de spunti rivoluzionari e temporaneamente co tre punti in saccoccia.
Rientramo in campo gajardi e tosti, e il compagno Abbiati pensa de premià subito subito sta gajardanza co nassist Percapitano a difesa non pervenuta. Nautostrada deserta se palesa ai confini der mare, e tutti noi sentiamo il cuore più forte di questo motore e de sta strizza che da nmomento all’altro ce ponno pareggià.
E allora lo so lo sai, lo sapemo tutti Capità, quella è roba tua, roba de diagonale velenoso o de drittopeddritto tempestoso, roba de spaccà la porta e facce strillà e chiude na partita, che il tempo vola ed è ora de raddoppià. Ma il mistero profondo, la passione, l’idea, o l’immensa paura de mannalla in curva fanno produrre Ercapitano nella busta de piscio in verticale, remake del già classico repertorio dell’Aquistinho, e il grido liberatorio rimane dentro di noi, come l’alta marea.
Se apriranno dibattiti infiniti e ancora non sopiti su sta scelta, pe quanto ce riguarda c’è poco da dibatte: ha fatto na cazzata, ma pe noi finisce lì, non è na cazzata che porta a rimette in discussione tutta na serie de giocate riandando indietro fino ar gò contro er Foggia ner ‘94.
Scosso dar tentativo de infringement der copyright, a stretto giro de posta se vede pure l’urtimo della cucciolata. L’Aquistinho de gennaio se propone e se inserisce, Rodry lo serve e quando tutti s’aspettano ncross, eccolo che se produce in quello che in poco tempo s’è affermato come un brand che ar confronto dici Disney è come se dici Montebovi: la busta de piscio in diagonale, che in quanto tale non genera risultati apprezzabili. E’ l’urtimo sussurto connotato dalla speranza, da lì in poi saranno solo giussurti connotati dalle madonne. E qui tocca dì na cosa. Chi ce segue lo sa abbastanza bene. Qua non se so mai cercate scusa, e pure dentro a sto pezzo stesso ce pare de avè rimarcato che non è che se stesse a giocà bene a Milano, anzi. Però insomma, cornuti e Mazzolenati no, perchè sto rigore non aveva da esse, pe forigioco o pe fallo, fate voi, e dopo che Capitan Volley la pia come la pia, er Cannicane ringhia come se nce fosse un domani, e Mazzoleni se rende conto che se non se lo leva de dosso in fretta pe lui non ce sarà veramente un domani, ma ormai ha fischiato.
Ibra e Franco se conoscono, in telecronaca nse dice artro senza specificà se sia un bene o un male. Ibra e Franco se conoscono ar punto che Ibra non la tirerà dove la tira sempre perché Franco conoscendolo se butterebbe proprio là, motivo per cui Franco, pensando che Ibra la tirerà dove non la tira de solito proprio in virtù der fatto che se conoscono, ce pensa e decide invece de buttasse proprio dove Ibra la tira de solito in virtù del fatto che Ibra, pensando al fatto che Franco, conoscendolo, se butterà laddove non la tira sempre, la tirerà proprio dove la tira sempre. E insomma, anni e anni de bire e scopate e canne e partite insieme producono lo stesso risultato de nincontro tra sconosciuti. Palla da na parte, portiere dall’artra, 1-1.
Er piano der manto erboso ormai è ireversibbirmente inclinato, noi coremo in salita e faticamo ar punto che, così come all’andata, ce se stucca er Caciara lasciando potenziale gloria ar gemello timido de Krkrkrkrc, non quello che trovava normale e semplice accompagnasse a Messi e soci ma quello che senza @Joseangel a teneje la playstation se sente spaesato. Er poro Pjanic prova a daje na mano, e bastano mpar de cross fatti bene e du finte de corpo pe azionà le rotative e fa partì er tormentone de settimana, quello per cui avrebbe dovuto giocà lui e Nonercapitano.Ermila è brutto da morì, ar punto da fa ritené davero inconcepibile che na compagine der genere sia prima in classifica e co la testa a Barcellona, laddove dovrà difende 150 anni de unità d’Italia e vent’anni de berlusconismo. Ermila è brutto da morì forse proprio perché, sapendo che a Barcellona ce sarà da fa baricate e limità i danni, già oggi, qui, a Milano, contro de noi che semo quelli che der Barcellona hanno visto più videocassette, prova a mette in pratica gli schemi der palla avanti e vedemo che succede. E però, contro de noi, no schema così po esse letale.
Se non lo è subito è solo perchè Franco a Ibra lo conosce, e lo sa che è dai tempi dell’Ajax che in genere dopo il rigore tirato da quella parte poi se se trova la palla giusta al limite dell’area piccola prova a mettela forte e rasoterra. Stek je la pia de porpaccio, ma mica je la respinge, je la blocca proprio. Ibra soo guarda sornione come a dije: mortacci tua, è proprio vero che me conosci, ce piano questi de Roma Cianner, mortacci pure loro già che ce sto.
Ma è solo questione de tempo.
Un carcione in avanti mette financo Rosi nela condizione de fa bella figura difensiva. Er ragazzo, inspiegabirmente intristosi negli urtimi tempi, ha na cinquina de metri de vantaggio sull’incombente Muntari, l’urtimo fantasma interista tornato in vita da milanista soprattutto in virtù der gò fantasma più autorevormente candidato a sostituì Turone dall’albo d’oro dei mancati eroi. Ma a Rosi le cose facili non piaceno, l’omo nero je passa attraverso non volemo sapé come, giusto er tempo de incollà un sinistro ar volo verso la porta che già na vorta lo vide inutirmente esurtante. Ma un destino cinico e sordo ad ogni recriminazione fa sì che na manona se faccia recchia e capisca l’antifona, smanacci quer tanto da fa vibrà come timpano la traversa, ricacciando a monte de Muntari la rimunta nonché lo sgradevole urlo nefasto de no sssadio intero.
Ma è solo questione de tempo.
Tempo. Comunque vadano le cose lui passa, e se il lui in questione è Ibra e chi lo dovrebbe fermà su un lancione da 50 metri è Chiaia, passa pure facile, e se ne frega se qualcuno è in ritardo, puoi chiamarlo bastardo, ma intanto è già andato, t’ha fatto er sombrero, è annato in Messico, j’ha messo er sombrero in testa ar Papa, ha rimesso in piedi Fidel che se deve incontrà cor Papa, è tornato e ha fatto in tempo a incapoccialla e buttalla dentro. E a chiudi i giochi de sta partita de merda. Er fio de secondo letto de Thor se guarda Franco sconsolato, Franco se lo riguarda vagamente incazzato, er Cannicane se guarda tutti e due decisamente affamato, ma desiste dall’omicidio/picnic in mondovisione pensando: evabbè, almeno non m’annoio, no che non m’annoio non m’annoio. Er Cannicane che se solo avesse avuto l’opportunità de gareggià co Ibra a chi piava prima quella palla nell’aere, avrebbe prima offerto ar nemico un cuscino pe la scerta dele armi pe poi fallo comunque pentì pe sempre de essese cimentato co lui nella tenzone, lui, addestrato a mozzicà palle nell’aere da sempre, pe na vorta ar posto sbajato ner momento sbajato.
L’inutile arembaggio è tarmente inutile che manco arembamo e s’arendemo ala sconfitta più prevedibile e messa in conto sopraggiunta ner modo più stronzo contro Ermila più brutto. Ma a pensacce bene, a vince così nun ce sarebbe stato gusto, la revolucion non ne avrebbe beneficiato, e tante e tali sarebbero state le scuse de supplementari ale spalle e le spiegazioni de Camp Noi all’orizzonte da ridimensionà ogni sogno, ogni anelito, ogni pensiero de progresso. Un giorno, lo sapemo bene, tutto ciò che ora è loro sarà nostro. Ce vole tempo, nela speranza che non debbano passà mille generazioni pe avé ogni vorta gli stessi casini. Sti ragazzi nostri ancora non si fanno vedere come li voremmo vedé, so sfuggenti come le pantere, ma senza bisogno che li catturi nantra definizione, speramo che presto er monnonfame sia pronto pe sta nova generazione”.