Non sarà stata bella, non avrà tenuto palla per uno spicchio d’eternità ma ha preso tre punti. E quello, per molti, conta più di qualsiasi frivolezza stilistica. Il successo di Palermo, però, vale ben oltre il mero discorso aritmetico: è arrivato dopo una settimana faticosissima di tossine post derby dove, si sa, l’aspetto psicologico recita sempre un ruolo fondamentale. Ma non basta. Anzi, come certi quiz, raddoppia. La Roma ha saputo soffrire, non le proverbiali pene dell’inferno, ma ha avuto il merito di restare compatta e ordinata anche quando, statistiche e destino, le erano contro. Dire che il campionato giallorosso sia realmente iniziato con la trasferta in Sicilia, oltre a svilire il lavoro svolto fino ad oggi, suonerebbe come una nota stonata alle orecchie dei tifosi. Quindi, per rispetto di tutte le componenti, l’analisi dopolavoristica cercherà di sfiorare tutte quelle situazioni che si sono verificate esclusivamente per una serie di cause concatenate fra loro. Anche stavolta, nonostante Luis Enrique abbia rivisto qualcosa rispetto alle sue abitudini difensive, metteremo da parte gli aspetti tattici e giocheremo con quelli dettati dalla fatalità delle circostanze. La Roma ha vinto perché si è scrollata di dosso la “fenomenite”, imponendosi il culto della normalità. Niente arzigogoli, solamente un ritmo abbastanza costante fino alla meta. Dopo diverso tempo, i giocatori hanno garantito un livello d’attenzione e di qualità praticamente simile: chi più, chi meno, sono stati quasi tutti sullo stesso livello. Allenatore compreso. Poi, per una sera, anche la fortuna ha recitato un ruolo fondamentale. Quel “vinciamo al 95%” detto sciaguratamente dal presidente Zamparini prima della gara ha sortito lo stesso effetto che può avere un pesciolino rosso in una vasca di piranha: cena pronta a portata di pinna. Poi, ovviamente, sull’inconsistenza tecnica dei poveri rosanero, la Roma ha costruito una nottata di relax da polemiche e rimpianti. Il campionato, pur restando di una mediocrità inaudita, ha voluto lasciare uno spiraglio aperto a tutti. Senza fare figli o figliastri. Senza preoccuparsi del colore del vessillo societario. Col Genoa, fra pochi giorni, ci sarà “la prova delle prove”. Se, oltre ai tre punti, il gruppo sarà capace di guardare oltre la siepe forse, da qui a maggio, i momenti giallorossi diventeranno ancora più straordinari. A patto che la ricerca del bello si accoppi, indissolubilmente, con quella dell’utile senza che la sorte si dimentichi di strizzare l’occhio.
A cura di Piergiorgio Bruni