( M. Pinci ) – Se fino a ieri i tifosi della Roma recitavano in coro “Mai schiavi del risultato”, la notte dopo il derby ha portato la prima vera contestazione alla squadra di Luis Enrique.
Soltanto una ventina i tifosi arrivati a Trigoria per sfogare a caldo la propria amarezza per il secondo derby perso su due stagionali, con i primi insulti al gruppo di giocatori e al tecnico asturiano. Cicatrice visibile della delusione per una stagione che, quando al fischio finale sul campionato mancano ancora 12 partite, non ha più nulla da dire per i colori giallorossi. E anche gli infortuni inguaiano una situazione già nera: Pjanic salterà almeno Palermo, forse sarà in campo col Genoa. Nulla a che fare con Juan, che contro la Lazio ha giocato l’ultima gara della stagione. E, probabilmente, con la maglia della Roma.
STAGIONE FINITA – I 10 punti di stanza dal terzo posto chiudono con larghissimo anticipo la corsa alla Champions League della Roma. Un abisso che la separa proprio dalla Lazio, rivale forse meno snob ma certamente più efficace sul campo. L’ormai leggendario “progetto” della rinata Roma americana, a distanza di sette mesi dal via ufficiale (il 18 agosto il primo test ufficiale ma anche la firma per l’acquisto del club da parte del gruppo Usa), sembra impantanato al punto di partenza. Soprattutto, ha già calato il sipario sulla propria stagione sportiva: senza Europa fin dalla fine di agosto, l’addio alla coppa Italia nella nottataccia di Torino, soffocata fin dai primissimiminuti da Juventus molto rimaneggiata, l’addio alle speranze in un derby sanguinoso dal punto di vista del risultato e dell’immagine, con la nona espulsione della stagione, solo una in più della stagione passata. Evidentemente, anche l’idea di cambiare l’approccio mentale della squadra è naufragata, proprio come il progetto sportivo. Tempo di bilanci, allora, anche se – proprio come quelli economici, che hanno chiuso i primi sei mesi di gestione con 27 milioni di “rosso” – i conti non tornano. Nelle 30 gare stagionali, già 12 sconfitte, esattamente il 40 per cento. E quel timore di Walter Sabatini di consacrarsi a una stagione di mediocrità è già diventato una crudele realtà. “Credo di meritare di finire la stagione dopo quello che è successo quest’anno”, ha detto Luis Enrique. Da qui alla fine, però, la Roma dovrà capire se ripartire in una stagione a cui mancherà l’alibi della rifondazione messa in atto quest’anno, proprio dal guru asturiano.
I DUBBI DELLA PROPRIETÀ, I CONTI IN ROSSO – Gli americani guardano e, ovviamente, non sorridono, spettatori lontani di un fallimento che, a due mesi e mezzo dalla fine della stagione, coinvolge interamente il percorso iniziato il 18 agosto, anche se con radici più profonde: poco meno di un anno fa DiBenedetto affidava a Baldini e Sabatini il compito di “rifare” la Roma. Lo stesso DiBenedetto che, domenica all’Olimpico, è sembrato più uno spettatore disorientato che un presidente amareggiato dall’andamento del proprio investimento. Da qui alla fine il club dovrà capire soprattutto se continuare o meno con Luis Enrique e Il tecnico se voler proseguire a Roma la propria carriera. Ma oltre ai risultati deludenti, ai manager statunitensi non è piaciuta per nulla anche la comunicazione del “caso” De Rossi a Bergamo, e per questo hanno chiesto di essere quotidianamente informati di quanto accade nel club: il segnale che non tutte le decisioni prese nella capitale sono piaciute Oltreoceano. Forse sarebbe servita una proprietà più presente, anche per limitare le scelte a volte singolari dell’allenatore. Per riavere i proprietari a Trigoria servirà però attendere almeno fino a quando (aprile?) Pallotta tornerà a Roma per l’aumento di capitale. Un’occasione per prendersi il controllo anche formale del club, dopo il rimpasto di dicembre del Cda. In attesa della ricapitalizzazione, resta in ogni caso una semestrale da profondo rosso. Che, ha già iniziato a preoccupare qualcuno.
I MALUMORI DELLA SQUADRA – Oltre alla proprietà Usa, anche De Rossi, portabandiera del nuovo corso dopo il ricchissimo rinnovo, ha evidenziato la necessità di cambiare strada: “Servono campioni di esperienza, come al Milan”. Non proprio un rinnegare il programma impostato intorno ai giovani, ma certamente la consapevolezza che per vincere serva altro. Ma lo sfogo di “capitan futuro” nasconde anche alcuni malesseri del gruppo di calciatori, a cui non è piaciuta la gestione della punizione al centrocampista di Ostia in occasione di Atalanta-Roma. E ancora meno ha gradito il buonismo esasperato nei confronti dell’arbitro e della situazione tecnica della squadra nel dopo derby, da parte di alcuni dirigenti. Anche i leader del gruppo sono consapevoli di essere di fronte a un fallimento. E non mancano i primi brusii sulle idee tecniche dell’allenatore. Chissà se martedì, con la ripresa dei lavori a Trigoria sarà l’occasione giusta anche per un faccia a faccia tecnico-squadra. Una cosa è certa: da adesso al 13 maggio, ultima di campionato, il tempo servirà soltanto a capire cosa salvare. Sempre ne valga la pena.
Fonte: Repubblica.it