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CORRIERE DELLO SPORT Il carisma di Conte e quello di Lucho

Luis Enrique

(G. Dotto) Che cos’è il carisma? La questione è centrale oltre che per nulla scontata. I dodici minuti di Antonio Conte a Vinovo, intercettati e amplificati nell’illimitata magnitudo del mondo internet, sono passati nel nostro convento bonaccione come una riedizione dei discorsi alla nazione di Winston Churchill sotto le bombe naziste. (…) L’acme della sua acclamata orazione sta nel: “…Devono vincere lo scudetto? Dovranno sputare sangue fino all’ultima partita”. Insomma, una banalissima mozione dell’orgoglio e fa impressione vedere gente scafatissima come Buffon, Pirlo, Chiellini e Marchisio come tanti scolaretti compunti, a capo chino, farsi caricare da quell’abecedario di ovvietà scolpite come tavole sacre.

Se carisma è, si tratta di un carisma greve, da caserma, la parodia del sergente di Full Metal Jackett , incluso l’imperativo finale “non voglio cali di tensione da parte di nessuno”, che mette in piazza l’isteria tipica del conducator . Versione lillipuziana del carisma alla Mourinho, che viene dalla stessa paleo frontiera, greve e viriloide, ma ha mille sfumature in più, mille volte più ibrido, nell’abilità della parola e nell’ampiezza dei registri, oltre che della personalità. (…) Il carisma di Luis Enrique. C’è, eccome, ma infinitamente più sottile, tutto da indovinare. Va catturato da timpani più delicati, rari nella tribù del pallone, non a caso intercettato da eccentrici calciatori e teste dotate come De Rossi, Gago e Osvaldo. Il carisma speciale di Enrique è in quella tutta sua malinconica dedizione all’assoluto e trova il suo apice nel magnifico lamento di un tragico post-partita: “Che ho fatto io per meritare tutta questa merda?!”.

In una pulizia dell’anima magnificamente demodè . Un carisma che perde colpi solo quando si rifugia nel bacchettonismo moralistico, altra cosa dall’etica che è, lei sì, carismatica nel cogliere invece la flessibilità del giudizio. Cedimento incombente a Trigoria, l’ideologia benpensante, persino in uno splendido bucaniere come Sabatini, quando si lascia dire di Suarez (grandissimo giocatore che farebbe la fortuna della Roma post-tottiana), dei “suoi errori comportamentali”, sapendo Walter benissimo che la conclamata caduta razzista del ragazzo non è altro che una sincope del linguaggio, la parola che scappa in braccio al primo venuto in piena bega da campo-cortile. Magari cascasse un Suarez, se vuoi un po’ da civilizzare, a Trigoria!

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