(A. Ghiacci) – Un minuto di silenzio. Lunghissimo. Intervallato solo da due parole “sto pensando…”. Luis Enrique, nel giorno più difficile, appare nervoso.Di fronte all’attesa della platea di giornalisti, ormai individuata come “il nemico”, cerca di trovare le parole più adatte, per non sbagliare. Ma poi, quando si entra nel vivo della discussione, di fronte alla domanda più semplice, inizia lo show già visto più volte quest’anno, fatto di risate irriverenti e provocazioni. Qui non si tratta dell’uomo, professionista esemplare, ma dell’allenatore. E del «perché?»la Roma è arrivata a questo punto. Naturalmente senza accontentarsi, stavolta, del «perché sì!» tirato fuori subito dopo il 4-0 di Torino, risultato che ha fatto definitivamente precipitare una situazione già molto traballante. “Ho sbagliato tutto, al cento per cento e in tutto”. Prego? Luis Enrique non ha mai fatto difetto nell’assunzione delle responsabilità, ma questo non è certo il modo migliore per andare avanti, per convincere i tifosi della Roma. “Se mi prendo la colpa non va bene, se non la prendo è lo stesso. E allora ditemi cosa volete che dica… Volete che dica che finora ho fatto tutto bene?”. No. Se non è troppo, si chiede semplicemente un’analisi. Eccola: “Sicuramente ho sbagliato in tutto, la penso così e così la penserò. Ho sempre detto che la cosa più importante in una società come questa è il rispetto per i tifosi e io li rispetto profondamente. Con voi (si riferisce ai giornalisti presenti ieri a Trigoria, ndr) però è diverso. Lasciamo stare… Non so dove lavorate e non mi interessa…”. Ma non si può parlare con serenità? “Sono serenissimo” . (…) “La responsabilità di ciò che succede è mia. I cinquanta punti che abbiamo in classifica, pochi evidentemente, sono colpa mia. Certo, è una frase fatta, ma ho profondo rispetto per questa società, per questi calciatori e per quello che rappresentiamo. La cosa importante non è vincere, ma essere orgogliosi di quello che stiamo facendo e rendere orgogliosi i tifosi. Ripeto che ciò che la squadra sbaglia o fa male è solo colpa mia. Tutto quello che fa bene, e con cinquanta punti secondo me qualcosa di buono è stato fatto, è merito dei calciatori”.
CORRIERE DELLO SPORT Luis Enrique sull’orlo di una crisi di nervi
SEGNO – Evidentemente la sconfitta con la Juventus ha lasciato il segno. Sembra quasi che l’avventura del tecnico spagnolo alla Roma sia al capolinea. Anche se le parole dicono altro: «Di ciò di cui devo parlare con Baldini e la società ne parlo con loro, allo stesso modo con i calciatori parlo faccia a faccia. Poi quello che devo dire a voi lo dico a voi (sempre i giornalisti, ndr) . Il giorno in cui la società non avrà fiduca in me o sentirò che i giocatori non mi seguono più, me ne andrò, il giorno. Lo stesso accadrà quando i tifosi non penseranno che io sia l’allenatore giusto per la Roma, andrò via. Certo non me ne vado per le vostre critiche. Sono convinto di tutte le decisioni prese, ho scelto con convinzione» . (…) «Cinque o dieci anni ancora? Scherzavo e ora non credo sia il caso. Qualcuno di voi può morire se lo dico ora… Non sarà così, non vi preoccupate. Nel calcio non si sa, ma tranquilli che non saranno cinque anni. Questo per me è un anno molto speciale per ciò che rappresenta essere l’allenatore di una grande società. E tutti mi hanno dimostrato grandissimo rispetto, dai tifosi, alla società e ai calciatori. Che succede ora? Ve loi dico tra cinque settimane…» .
AVANTI – Poi Luis Enrique, prova ad andare avanti e a dare le risposte sul percorso iniziato oltre nove mesi fa: «Dal primo giorno non ho mai pensato a cosa avrebbe potuto fare la squadra. Non sapevo quali calciatori avremmo preso e cosa sarebbe successo. Ora la realtà dice che la squadra è ancora in lotta per la Champions ed è molto vicina all’Europa League. Gli allenatori si giudicano
per i risultati e questi sono quelli della Roma di Luis Enrique ad oggi. E mancano cinque giornate, vediamo che succede. Io vedo un’identità in questa squadra, ogni settimana, anche quando perde. Voi no? Rispetto il vostro pensiero. So che una sconfitta come quella di Torino è bruttissima e difficile da spiegare, capisco la rabbia dei tifosi. A inizio stagione eravamo tra i migliori in trasferta e soffrivamo in casa, ora succede l’inverso. E’ difficile trovare una spiegazione, ma l’approccio alla partita è sempre lo stesso, lo è stato con l’Udinese e con la Juve, in cui le motivazioni erano anche superiori, per l’avversario e la possibilità che avevamo di salire in classifica» . I tifosi criticano la mancanza di personalità, ma Luis enrique ricorda che «non parlo male della mia squadra» . Prova a concentrarsi sulla Fiorentina, che stasera arriva all’Olimpico:«Cerco di guardare avanti. Se vinciamo andiamo a cinquantatre punti, anche se capisco che interessi di più sapere cosa ho sbagliato. Però mi concentro su quello sulla squadra, pur sapendo che sarà una giornata difficile. (…)» .
SCELTE – Del ko arrivato in casa della Juventus, oltre alla totale assenza di gioco e personalità, hanno stupito alcune delle scelte di Luis Enrique. A partire da Totti in panchina, per arrivare ai giocatori impiegati fuori ruolo e alla riscoperta di Perrotta, titolare dopo quasi cinque mesi in cui sembrava essere stato dimenticato: «Ma non è cambiato
nulla – ribatte il tecnico giallorosso, stupendo per ciò che si era visto domenica scorsa – c’erano un trequartista, Pjanic evidentemente, e due punte, Osvaldo e Borini. E il centrocampo era sempre a tre con Perrotta, Gago e Marquinho. Certo che trovarsi sul 2-0 all’ottavo minuto ha cambiato tutto rispetto a ciò che avevamo previsto all’inizio. Abbiamo iniziato ad un livello molto inferiore a quello dell’avversario e siamo stati puniti seriamente, se non hai l’atteggiamento giusto vai in difficoltà» . E Totti? «Sono convinto di avere fatto il meglio per la squadra. Totti è il calciatore più importante per quello che rappresenta, senza nessun dubbio. Ma purtroppo ha 35 anni e, sfortunatamente, non giocherà fino a 50» . Ma in sostanza, Luis Enrique ha capito cos’è che non va? «Certo, ma di sicuro non lo dico alla vigilia delle cinque partite più importanti, quelle che diranno dove giocherà la Roma il prossimo anno. Ecco, questo sì che mi preoccupa: il presente che deciderà cosa ne sarà del futuro» . (…)