(A. Schianchi) – C’è un metodo abbastanza semplice per pesare l’efficacia del gioco di una squadra: contare il numero di palloni toccati dagli attaccanti.
Quando le punte vengono messe in azione con regolarità significa che tutto il motore gira alla perfezione, i difensori difendono e rilanciano, i centrocampisti ragionano, impostano e lanciano, e riescono a pescare i compagni del reparto avanzato liberi negli spazi. Bene, seguendo questa teoria, la vittoria della Juventus sulla Roma è presto spiegata: Vucinic tocca 39 volte il pallone, Osvaldo soltanto 25. Il montenegrino è devastante come trampolino di lancio per gli inserimenti dei compagni, e qui sta la forza della manovra bianconera: il primo gol nasce da una sua intuizione che innesca De Ceglie sul cui cross piomba Vidal; il raddoppio del cileno, diagonale stupendo, è figlio di un passaggio del montenegrino che prima attira su di sè i difensori e poi scarica al compagno; l’azione del fallo da rigore su Marchisio scaturisce da un’altra invenzione di Mirko; il quarto gol, bellissimo tiro dal limite di Marchisio, parte da un colpo di tacco del solito Vucinic.(… ) E’ davvero incomprensibile come una squadra di Serie A, con fior di giocatori, non sia in grado di organizzare una decente fase di contenimento. Che cosa conta avere il possesso palla se poi, quando la sfera ce l’hanno gli avversari, rischi sempre di prendere gol? Perché cercare di restare sempre con la retroguardia alta quando i centrocampisti non pressano e non filtrano? E’ un suicidio tattico, e la Juventus non fa altro che approfittarne.
Al servizio Osservando la prova di Vucinic con attenzione, si scopre che in pratica il montenegrino «fa» il Pirlo: nel senso che gioca da regista d’attacco, è lui a distribuire i palloni, a dettare i tempi, ad aspettare il movimento dei compagni.(…) I lanci di Vucinic sono 4, 3 le sponde, 2 gli assist. Un uomo al servizio della causa, dunque. Le sue capacità tecniche sono fuori discussione, semmai erano da verificare le qualità caratteriali: ultimamente, tuttavia, sembra essersi dato una bella regolata, partecipa di più alla manovra, riesce a incidere e a essere determinante.
Serataccia Osvaldo, invece, resta ai margini della partita. Il motivo? La manovra della Roma non funziona. Il centravanti non arriva mai a tirare in porta, prova a effettuare qualche sponda (3), ma non c’è nessuno in grado di assecondarlo (soprattutto dopo che i giallorossi rimangono in 10). A condire una prestazione decisamente al di sotto della sufficienza ci sono pure i 3 dribbling falliti (e nessuno azzeccato), i 2 palloni persi e i 2 falli commessi. Serata da cancellare in fretta.