(U. TRANI) – L’unica sconfitta contro il Lecce, nelle precedenti 30 sfide, resterà la più amara. Quella del20 aprile 1986, all’Olimpico, costò lo scudetto alla Roma di Eriksson: 3 a 2 in casa contro una formazione già retrocessa. Niente a che vedere, dunque, con questa che provoca però altre sensazioni. Orribili. L’impotenza contro la terzultima in classifica. La fragilità tattica e mentale. Il nuovo stop della Roma di Luis Enrique, il quattordicesimo stagionale e il primo in assoluto a Lecce, spinge Franco Baldini ad un’analisi anticipata sulla crescita mancata o quantomeno rinviata di questo gruppo. Il dg non tira in ballo nè gli 8 assenti, tra i quali Totti, nè il rigore negato da Orsato sull’1 a 0 (gomitata di Giacomazzi a De Rossi, fatta notare comunque all’arbitro dai dirigenti): «Non so perché fatichiamo, ma è quello su cui dobbiamo intervenire. Non sono questioni tattiche o tecniche, le partite si vincono con l’agonismo. Evidentemente soffriamo quelle squadre che fanno dell’agonismo la loro arma. Il Lecce è stato superiore, non nei numeri ma nella voglia». Sa che il maggior numero di tiri in porta, 4 del Lecce e 6 della Roma (5 nella ripresa), non ha fatto la differenza. Baldini, in questo senso, è feroce. Non solo con i giocatori. Anche con se stesso. «Può darsi che abbiamo sopravvalutato alcuni calciatori. Non dal punto di vista tecnico, ma caratteriale». Deluso il dg. E di più Luis Enrique. Per l’atteggiamento dei giocatori al momento di presentarsi in campo. L’asturiano ha subito capito, restando muto in panchina e rinunciando alle sostituzioni. Il dg chiarisce il comportamento del tecnico: «Credo che abbia avuto la sensazione di un approccio sbagliato alla gara. In più che non si è colta un’occasione per competere fino in fondo per la Champions. Penso che non abbia fatto cambi anche per responsabilizzarli. Le perplessità sul gioco arrivano quando si interpreta in questo modo. Sento gli avversari dire che siamo la squadra in grado di metterli in difficoltà più degli altri. Evidentemente questo gioco, se non viene fatto con la carica agonistica necessaria, lo paghi. Si parla sempre della difesa, ma questa squadra dovrebbe difendere partendo dall’attacco. Nel primo tempo il pressing non c’è stato».
«È tutta colpa mia, i miei compagni non hanno responsabilità. Loro sono stati bravi, ma sono mancato io». A proposito di carattere, solo Heinze ci mette la faccia. «Siamo noi i primi a essere delusi. Anche prima dei tifosi. Non credo che manchi la grinta. Gli avversari sono stati bravi». Fa forza al gruppo: «Mancano ancora sette partite, ognuno potrà fare le sue valutazioni. Abbiamo perso una chance importante, ora dobbiamo fare tre punti con l’Udinese. Non vogliamo mentire né ai tifosi, né a noi stessi. A volte le cose vengono bene, altre meno. Il calcio è un gioco, non è matematica. Noi non ci arrendiamo, dobbiamo alzare la testa e stringere i denti».