(P.Liguori) – Non sono pentito neppure di una riga scritta in questa rubrica dall’inizio del campionato. Testardo quantoLuis Enrique, gli ho preso le misure un girone fa, tra Udine e Firenze. La mia pazienza è finita allora. (…) Ma non è una soddisfazione, perché la Roma la sento mia da oltre 50 anni e soffro se i fatti mi danno ragione a scapito dei colori giallorossi. Almeno con Carlos Bianchi il tormento finì prima, perché c’era una proprietà in sella.
E Franco Sensi, pur irriducibile difensore dell’allenatore fino all’ultimo, a un certo punto intervenne. Oggi, no. La Roma è gestita da stipendiati che non rischiano nulla e non possono smentire l’allenatore, senza smentire se stessi. La radice del problema non è l’allenatore asturiano, arrivato da noi senza curriculum e presentato come un genio. Qui il discorso si fa troppo lungo e grave e il cuore mi dice che non è questo il posto, né il momento per approfondirlo. Oggi è giorno di dolore e di passione, perché mai come quest’anno ci è capitato non solo di perdere male, ma di vergognarci. Vergogna, vergogna a Bergamo, Lecce e Torino, dove gli avversari hanno deciso sul 4-0 di non infierire.
Domani ricorderemo chi ha avuto responsabilità, ma oggi è il momento di tifare Roma. Abbiamo il dovere di sostenere questa squadra. Forza ragazzi, nonostante Luis.