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IL ROMANISTA Battere la paura

(P. Franchi) Chissà qual è la parola giusta: scoramento, malinconia, rassegnazione? Non saprei dirlo. E non saprei dire se siamo più scorati, malinconici o, peggio, rassegnati noi, o Luis Enrique, che sembra, poveretto, un asino in mezzo ai suoni, incapace di trovare una parola sensata, o i giocatori, che con la solitaria eccezione del nostro meraviglioso Capitano prenderei seppur metaforicamente a calci uno per uno, o Baldini o Sabatini, che ci assicurano di avere tutto o quasi sotto controllo e di nutrire ottimi propositi per il futuro (quali propositi? quale futuro?). Forse, per noi; la parola al momento più azzeccata é attoniti. Almeno: io, da sessanta anni e passa romanista fedele nelle gioie (poche) e nei dolori (molti), sono attonito.

Mi viene in mente un bellissimo striscione, di quelli affidati alla creatività individuale; dell’anno dell’ultimo scudetto: “Barcollo ma non mollo”. Solo che cominciamo a barcollare un po’ troppo vistosamente; e, più che in bilico, sembriamo tramortiti. Solo che ormai chiunque passi dalle nostre parti puo prenderci a suo piacimento a sganassoni, a pizze, a calci in bocca, e alla fine farci pure marameo, senza incontrare reazioni, né di testa né di cuore. Solo che barcolla barcolla rischiamo (se non è già successo) di ritrovarci con il sedere per terra. Che fare? Secondo me, l’unica cosa ragionevole che i romanisti possono fare è attendere in silenzio (il silenzio è d’oro) che questo stramaledettissimo campionato finisca, incrociando le dita perché non ci riservi ulteriori umiliazioni dalle quali non vedo come società, allenatore, giocatori (insisto, soprattutto questi ultimi) potrebbero risollevarsi con un minimo di dignità.

Se e quando questo calvario sarà alle nostre spalle, sarà nostro diritto e dovere pretendere non chiacchiere, ma spiegazioni e autocritiche sensate su quello che è capitato, e impegni altrettanto chiari su che cosa si intende fare perché non capiti più. Se la nostra richiesta, la più legittima delle richieste, non sarà soddisfatta, avremo il diritto e il dovere di contestare fieramente chi le risposte dovute non le ha date. Se risposte, come ovviamente speriamo, ci saranno, le giudicheremo con animo freddo; senza rancori ma pure senza sconti, perché dopo un’annata come questa, non se ne fanno a nessuno. E’ solo l’inizio di un cammino, ci era stato detto, e noi ci avevamo creduto. Tra poche settimane vorremmo sapere non quanta strada abbiamo fatto (pochissima, in ogni caso), ma per dove siamo partiti. Non mi sembra che sarebbe chiedere troppo.

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