(A. Austini) – Un uomo stanco, provato e sfiduciato. Ma è lo stesso con cui la Roma vuole continuare a costruire il futuro.Luis Enrique, «esonerato» dalla curva Sud e confermatissimo dalla società, vive una situazione paradossale: dentro Trigoria tifano tutti per la sua conferma, all’esterno i consensi sono in netto calo. Sarà lui a sciogliere il dilemma a fine campionato, al momento l’unica certezza resta la sua presenza in panchina nelle ultime tre partite con Chievo, Catania e Cesena. Solo a bocce ferme, con un verdetto definitivo sulla stagione (ormai anche un posto in Europa League è una flebile speranza) l’allenatore comunicherà la sua decisione. Neanche l’arrivo a Trigoria giovedì dell’ad Mark Pannes, rappresentante della proprietà, porterà a una svolta: gli americani continuano a lasciare carta bianca ai dirigenti.
Conoscendo l’asturiano, qualsiasi cosa sceglierà di fare sarà impossibile convincerlo a cambiare idea. La Roma naviga a vista e non può essere tranquilla perché un eventuale addio dello spagnolo comporterebbe, se non lo stravolgimento, almeno una modifica dei programmi tecnici. Baldini è stato chiaro sabato sera. Senza bluffare, ha ribadito la fiducia totale della società per Luis Enrique. Non c’è stato bisogno di ripeterglielo ieri a Trigoria, dove lo spagnolo è sembrato più sereno rispetto a un post-partita ricco di tensione. La Roma è con lui, le strategie di mercato sono state studiate insieme ma per altre due settimane tutto resta in sospeso. L’offerta di rinnovo per due stagioni sottoposta al tecnico è sempre valida.
Ma non è questo il punto. Nella scelta dell’asturiano non c’entrano il contratto, i soldi, gli acquisti sul mercato. «Lucho» ha bisogno di capire se lui per primo è in grado di guidare una squadra ancora in costruzione l’anno prossimo, con la pressione che inevitabilmente aumenterà. Se dovesse basarsi sulla «tenuta» nervosa sua e dei giocatori non ci sarebbe molto da riflettere. Luis Enrique sta male, e per male si intende piccoli problemi di salute, i giocatori stessi non sono riusciti a tirarsi fuori dalle difficoltà. Appena qualcosa gira storto – ultimo esempio il gol di Zuniga sabato – la squadra crolla. Impossibile poi non dare peso all’ambiente: lo spagnolo che non resterebbe mai se si sentisse un «sopportato». L’altro lato della medaglia è rappresentato da un gruppo che continua a mostrarsi compatto attorno all’allenatore, dalla totale sintonia con la dirigenza, dalla consapevolezza che un anno di esperienza possa servire a correggere gli errori.
Perché, al di là di ogni considerazione tattica, Luis Enrique qualcosa lo ha sbagliato: si è chiuso a riccio insieme al suo staff spagnolo senza ascoltare i consigli esterni, ha vissuto come uno scontro il rapporto con la stampa. Difetti corregibili. Il bivio è vicino. In caso di resa l’asturiano potrebbe prendersi un anno sabbatico seguendo l’esempio di Guardiola («non si sa mai» ha detto sabato a domanda precisa) e lascerebbe sul tavolo i soldi dell’ultimo anno di contratto. L’altra strada, quella che la Roma spera di imboccare, porta alla conferma di Luis Enrique, con Sabatini pronto ad avviare insieme a lui il piano-mercato. Baldini volerà dai proprietari a metà maggio, quando il futuro della guida tecnica sarà più chiaro. Nonostante gli ultimi segnali e le parole dello spagnolo facciano pensare a un addio, nessuno a Trigoria fa ipotesi su un sostituto. Eventualmente si cercherà qualcuno in grado di insistere sulla stessa idea di calcio. Un Montella o un Villas Boas per intenderci, mai un Mazzarri.