(E. Sisti) – Si può, non si può, crediamoci, no è inutile. Champions sì, Champions no. Ecco, questa è la Roma. Tutto e il suo contrario. Umiliata a Lecce, capace di trovare un’intensità e una convinzione negli ultimi dieci minuti contro l’Udinese arroccata, avendone la meglio con Totti, protagonista in rete dopo una vita: quella decisiva del 2-1. Alimentata da un entusiasmo dirompente la Roma ha dunque dilagato passando da un probabile 1-1 a un eccitante 3-1.
Ancora una volta ha trovato un trascinatore, Osvaldo, che ha giocato da Prandelli, alla Ibra, che si è esibito da campione, sciorinando giocate, gol, assist, colpendo pali, terrorizzando Coda, Domizzi e irridendo Danilo. Attraversata da quella strana coerenza che contraddistingue il suo tecnico, dalle riserve sui giocatori espresse persino dalla società («qualcuno lo abbiamo sopravvalutato»), la Roma di Robert Luis Enrique Stevenson, ormai non c’è più dubbio, è il romanzo di una doppia identità, è Jekyll quando è normale, banale e spesso perdente, è Hyde quando ghigna orgogliosa, quando è azzardosa e spavalda. La gente però è stanca dei su e giù. Ieri l’Impero Romanista, giornaletto gratuito di stampo neroniano regalato intorno all’Olimpico, apriva con un titolo incendiario: «Ecco perché il tecnico andrebbe esonerato all’istante». Un effetto lo ottiene: per la prima volta il tecnico è salutato dalla Sud (dalla quale viene subito fatto ritirare un violento striscione contro il giornalista di Repubblica Carlo Bonini) con una tormenta di fischi. Heinze resta fuori per scelta tecnica. Ma se hai due difensori in tutto non è meglio averli entrambi in campo? Facendo i salti di gioia come riscaldamento, De Rossi torna centrale arretrato. Al 7′ Osvaldo s’inventa l’1-0 con movimenti da centravanti vero (ma a Lecce perché no?), Handanovic gli respinge la prima conclusione ma non la seconda che è frutto di grande reattività (perché però a Lecce mai?). Primi venti minuti in cui la Roma è aggressiva ma ordinata. Le dà una mano l’Udinese che fuori casa ama spesso mostrare i lati peggiori di sé (ha perso7 volte). La difesa a tre di Guidolin viene allargata da Lamela e Osvaldo. L’Udinese è tutta in un tiro di Abdi. Lamela è appena più coinvolto del solito. Marquinho quasi esagera nella partecipazione: che a volte (1′ e 28′) diventa foga. Ma avercene di Marquinhi. Il sonnambulismo di Di Natale (il dormiente della Roma è Pjanic) si protrae sino al 34′ quando Totò libera Pereyra davanti a Stekelenburg che sventa. Alla seconda palla toccata da Di Natale, ormai sveglio, e l’Udinese pareggia (43′): assist per Fernandes con Josè Angel che ritiene giusto per ragioni sue limitarsi a osservare.
Ripresa: assist di Totti per Osvaldo che coglie la base del palo (12′). Al 19′ è super Handanovic su Lamela. La Roma rialza un po’ il ritmo. Al 25′ entra Bojan per Lamela. Udinese in difficoltà ma la Roma pasticcia. Quando smette di pasticciare Osvaldo semina l’intera difesa friulana e fa tornare Totti al gol (41′) dopo 81 giorni (dalla doppietta col Cesena). Cross di Bojan e Marquinho di testa (47′) chiude dieci minuti da squadra vera. Enrique pazzo di gioia al gol del capitano. Adesso con la Fiorentina sarà Jekyll o Hyde?