(M. Pinci) – “La colpa è la mia, ho sbagliato tutto”. Luis Enrique lo dice con un sorriso beffardo sul volto, un po’ difensore della squadra, soprattutto però con pungente sarcasmo verso chi punta, in città, l’indice sul suo operato. Anche Franco Baldini è sceso in campo, per dire che “la qualità di Luis Enrique è straordinariamente importante e il nostro futuro è con lui. Sappiamo quello che facciamo e dove vogliamo arrivare. Il futuro sarà un futuro importante”. Meno certezze conserva invece il tecnico: “Nel calcio mai dire mai, ma state tranquilli che non resterò qui cinque anni”.
La Waterloo torinese della sua Roma ha lasciato cicatrici profonde nell’umore di Roma. La minicontestazione della sera del match, le critiche del giorno dopo, sembrano però aver segnato soprattutto Luis Enrique. “Le mie responsabilità? Ho sbagliato in tutto. Al cento per cento, se abbiamo fatto solo 50 punti la colpa è solo mia”. E a chi cercava di capire maggiormente cosa non abbia funzionato contro la Juventus, ma non solo, il tecnico ha faticato a mantenere i nervi saldi: “Cosa volete che vi dica? Se vi dico che ho sbagliato non va bene? Io vedo che ho sbagliato in tutto. La cosa più importante non è battere le squadre ma essere orgoglioso di quello che facciamo e rendere orgogliosi i tifosi”. In questo momento, un traguardo non esattamente raggiunto. Anche per questo, a distanza di un paio di mesi, Luis sconfessa soprattutto quella convinzione di voler restare a lungo nella capitale: “Nel calcio non si sa mai, ma state tranquilli, certamente non resterò altri cinque anni”. Eppure, non sarà la sfiducia della piazza a costringerlo alla resa: “Il giorno in cui non ho più la fiducia della società vado via. Se mi criticate voi non vado via”. I dubbi però non svaniscono. Per conoscere il suo futuro, non resta che attendere: “Cosa succede se sbaglio io? Te lo dico tra cinque settimane”. Quasi un testamento.
Almeno apparentemente. Se non altro, la convinzione di voler fare i conti soltanto alla fine: “Dopo tante giornate, la squadra è ancora in lotta per classificarsi in Champions, anche se è a cinque punti, non molto vicina. Poi l’ho sempre detto, gli allenatori si giudicano per i risultati, questa fino a ora è la Roma di Luis Enrique, vediamo alla fine che succede. Mancano le cinque partite più importanti, ora lavoro per il presente”. Il presente è la Fiorentina, domani all’Olimpico: “Io penso alla partita con la Fiorentina. So che a voi interessa di più sapere cosa ho sbagliato, ma io mi concentro su quello che importa alla squadra. Sarà difficile, i tifosi dovranno mostrare il loro disappunto ma lo abbiamo meritato. Ci sono cose da migliorare, quasi tutte, ma c’è una partita che ci dà la possibilità di arrivare ancora in lotta”.
A patto, però, di giocare una gara diversa da quella di Torino. “Avevamo detto che se avessimo commesso errori con la Juventus saremmo stati puniti e così è stato”. Partita che ha certificato una evidente involuzione: “Ma questo è il calcio, succede dopo otto mesi e dopo otto anni. Io vedo l’identità della mia squadra, non solo quando vince ma anche quando perde”. Anche senza Totti: un’esclusione che ha fatto e farà discutere, quella del capitano. “Il calciatore più importante della squadra è Francesco Totti – ammette Luis – ma purtroppo ha 35 anni e non giocherà fino a 50. Magari fosse così, ma la squadra non deve pensare che senza Totti è tutto finito. Il futuro è un futuro senza Francesco in campo. Forse con lui in panchina, o alla presidenza, o vicino alla squadra. I calciatori devono iniziare ad abituarsi. E anche se penso che sia il giocatore più di riferimento, ho fatto una scelta tecnica. Mi prendo la responsabilità, quello che ho fatto l’ho fatto sempre convinto”. Così come quando, a giudicare da fuori, ha scelto di snaturare la squadra con Perrotta a uomo sui Pirlo: “Non ho pensato di sconfessarmi – replica però l’asturiano – Pjanic è un trequartista, avevamo due punte e tre centrocampisti”. A qualcuno, però, iniziano a venire dubbi sull’attuabilità del suo calcio in Italia. Un’idea rigettata dall’allenatore di Gijon: “Credo che la mia idea di calcio sia adatta, ho visto qualche partita quest’anno, ho sentito parlare i nostri avversari. Ci sono differenze tra il calcio italiano e quello spagnolo, ma sono compatibili”. Il problema adesso è dimostrarlo sul campo. Totti che, dopo la Juve, salterà anche la Fiorentina: ha l’influenza, ha lasciato l’ultimo allenamento.