(F. BIANCHI) – Gli spettatori tengono, gli ascolti tv crescono e per la finale di Coppa Italia, il 20 maggio, ci vorrebbero almeno… quattro stadi Olimpici (richieste per 300.000 biglietti!). Il nostro calcio ha, certo, tanti problemi e a livello europeo quest’anno ha rimediato sonori schiaffoni (dal prossimo anno, poi, inizia il declino con sole tre squadre in Champions, di cui una ai preliminari…). Ma in casa, tutto sommato, le cose non vanno male. Alla tredicesima giornata di ritorno gli spettatori medi erano 22.800 (circa): lo scorso anno, alla stessa giornata, erano 22.300; due anni fa 23.500. Insomma, c’è una tenuta del sistema. Non un crollo, e nemmeno una crescita significativa. Gli stadi, si sa, sono quello che sono, tranne rare eccezioni (vedi Juve Stadium). I prezzi in qualche caso troppo cari (scandalosi quelli della finale di Coppa Italia). Alcune piazze hanno scontato la modesta annata delle loro squadre: vedi Firenze e Roma (versante giallorosso). Poi ci sono impianti piccoli come Novara, Siena e Cesena. Il Cagliari ha dovuto giocare alcune gare “interne” a Trieste: e gli abbonati? Pensate che fregatura.
E la crisi economica poi fa il resto. Siamo lontani anni luce dalla Bundesliga e dalla Premier League, ma questa non è certo una novità. Che fanno i club per riportare i tifosi negli stadi? Poco o nulla. C’è molta, troppa rassegnazione. Alle società basta che le tv possano fare grandi ascolti, e li fanno: sia Sky che Mediaset Premium sono in crescita. Il calcio rischia di diventare sempre più uno sport televisivo. Ed è un errore. Tv e tifosi allo stadio possono convivere, come succede all’estero. Non si sa ancora inoltre cosa succederà il prossimo anno con la tessera del tifoso, che dovrà trasformarsi, nelle intenzioni, in fidelity card. A fine stagione sarà necessario che il Viminale faccia il punto con la Lega di serie A, prima che vengano programmati i piani per gli abbonamenti. Un’incertezza che non piace, e penalizza i tifosi.