Ex di entrambe le compagini, Giancarlo De Sisti ha fatto le glorie prima della Roma e poi della Fiorentina. In occasione della sfida dell’Olimpico, “Picchio” ha espresso un giudizio sulla partita e sul momento delle due squadra. Ecco le sue parole:
Roma-Fiorentina.
“I motivi dominanti di questa gara sono lì davanti a tutti. La Roma ha avuto un rendimento altalenante durante tutta la stagione. Ha esaltato i suoi tifosi e poi li ha fatti ripiombare nell’anonimato. Ha fatto un campionato per cuori forti. Ogni volta che era vicina al traguardo terzo posto, poi è caduta dimostrando di avere qualche problema di troppo. Anche la Fiorentina è passata da un allenatore e l’altro. Ci sono state situazioni poco chiare, cessioni che non ho capito come quelle di Gilardino e Frey e poi la vicenda di Montolivo: sembra sempre che debba partire e poi resta da “sopportato”.Vargas era un grande esterno e se ne parla di meno. E’ una squadra che è stata depotenziata. I viola si legano maledettamente alla forza e all’umore di Jovetic il suo cavallo di razza. Con un calciatore solo non fai una squadra. Tra le due formazioni la Roma è più umorale”.
Sull’importanza di Totti per la Roma.
“Se lei o io lo diciamo all’allenatore spagnolo ci spara. Nessun allenatore, e non lo può fare nemmeno Delio Rossi con Jovetic, può pensare di dipendere dal singolo. Non è più il grande Totti di qualche anno fa, anche per infortuni e questione anagrafica. Un giocatore eccezionale che regala sprazzi di autentica qualità. Se c’è in campo o non c’è si nota che la squadra ha requisiti diversi. Lui ora attacca meno la profondità e a volte è usato dietro gli attaccanti in maniera quasi sistematica, invece prima faceva il centravanti ombra e mandava in porta gli altri. Se c’è o no cambia la questione, ma non credo sia Totti dipendente. Credo sia più De rossi dipendente”.
De Rossi in difesa?
“Per ragioni di collocazione in campo credo sia sprecato farlo giocare da difensore ombra. Perdi un centrocampista di razza purissima in questo modo. Messo lì a fare il play di una volta con mansioni difensivistiche e di appoggio rispetto al resto è sprecato, ma lui è un pezzo da novanta”.
Il difetto di questa Roma?
“Si porta dietro la discontinuità che ne caratterizza l’andamento fuori casa e soprattutto nella fase di non possesso. Dire che Luis Enrique non può proporre il suo gioco nel campionato italiano è semplicistico – ha aggiunto – Noi abbiamo una tecnica di base, ma la tattica ci differenzia dalla Spagna. Lo sa quanto studia la gente per colpire le maglie larghe della Roma. Non occorre Marconi per farlo. Gli allenatori italiani sono bravi anche in questo: a leggere le partite, a prepararle rispetto anche agli altri colleghi. Lui crede in questo gioco dove le idee possono cozzare con concetto fermo. Lui cerca di portarle avanti, ma le esperienze settimanali lo possono portare a cercare degli alternative soprattutto nella fase di non possesso. Ha un buon livello tecnico come bagaglio di giocatori e spesso questo le fa fare un ottimo possesso palla, ma poi se fai solo 4-5 tiri in porta significa che c’è molta teoria e poca pratica. E’ una squadra giovane e deve crescere. A parte Totti, Heinze e Juan”.
Quanto è pesata l’assenza di Juan?
“Purtroppo lui gioca poco. Ha fatto da chioccia a parecchi difensori. Anche Burdisso è cresciuto accanto a Juan. Lui è un grande interprete del ruolo, ma ha avuto tanti problemi e non garantisce più nulla. La Roma spesso ha pagato dazio per inesperienza. De Rossi ha esperienza nonostante sia giovane, ma non sono tutti così. Va messo in bilancio”.
Luis Enrique oltranzista?
“Se uno mi dice una cosa a muso duro io che ho fatto l’allenatore posso anche confrontarmi. Io non so se lui sia permaloso, ma avendo a ridosso della squadra gente come Sabatini e Baldini che hanno giocato si può parlare con loro e accettare qualche consiglio. Non è che perché sei allievo di Guardiola significa che sai allenare”. Magari se qualcuno gli dicesse di fare più filtro in mezzo al campo in alcune partite potrebbe anche convincersene. Guardate quel che ha fatto Di Matteo in Inghilterra: ha retrocesso il baricentro del Chelsea e sta facendo bene. Non serve giocare sempre all’attacco, a volte li puoi aspettare e fare controffensiva. Studiare le gare non è un delitto”.
Sulla corsa al terzo posto.
“Bisognerà vedere come va la giornata. La Roma deve vincere con la Fiorentina e mettere al sicuro tre punti. Avrà il vantaggio di sapere già i risultati delle avversarie. Se si incastrano le partite chissà. Se la Roma dovesse vincere domenica e avere risultati positivi per lei si metterebbe bene. Se stai a un punto giocano i nervi a livello forte”.
Infine, i ricordi di De Sisti, da giocatore in un Roma-Fiorentina, e poi da allenatore dei viola.
“Era la stagione ’61-’62. Ero giovanissimo, giocavo con la maglia giallorossa e feci il gol decisivo per l’1-0 ad Albertosi. Anche l’anno prima conquistammo la vittoria a Firenze con rete di Menichelli. Da allenatore: era l’ultima giornata noi andammo a Cagliari e la Juve a Catanzaro tutte e due avevamo 44 punti. Ai bianconeri diedero un rigore che c’era e segnò Brady, ma non glielo diedero contro per fallo di Brio su Borghi. A noi annullarono un gol di Graziani perché l’arbitro disse che era stato commesso fallo sul portiere Gorchi con Bertoni. Saremmo andati allo spareggio e sarebbe stato più regolare. Immagini quale sarebbe stata la mia carriere da allenatore”.
Fonte: laroma24.it