(M. Pinci) – Ha aspettato la fine del penultimo allenamento “vero” di questo campionato. Poi, scuro in volto, Luis Enrique ha radunato la squadra, chiamando in campo, insieme ai giocatori, medici, preparatori, fisioterapisti, massaggiatori, tattici. Lì, sotto lo sguardo di Sabatini e Baldini, spettatori attenti dall’alto del tetto del centro sportivo, Luis ha detto addio alla sua Roma.
Sono passate da poco le 15.30 a Trigoria. La partitella è finita, la squadra starebbe per rientrare negli spogliatoi. Ma Luis la ferma, chiamando tutti a centrocampo. Per parlare: un discorso come tanti, ma diverso da tutti gli altri. Lui che aveva sempre parlato in piedi davanti alla sua squadra, si siede su un pallone, quasi la tensione prenda il sopravvento. Tutto intorno, lo imitano i giocatori, che formano un cerchio sedendo a terra: in piedi restano soltanto Simplicio, Heinze, Kjaer. Luis chiama anche i suoi collaboratori, chiama i fisioterapisti, i preparatori, chiama il team manager Scaglia e lo staff “italiano”, da Andreazzoli a Franceschi, da Scala a Tancredi e Nanni. Anche i medici, compreso il responsabile sanitario Gemignani. Qualche istante di silenzio, prima di prendere la parola. Per dire quello che in fondo tutti sapevano, ma che nessuno aveva il piacere di sentire. Luis Enrique ha detto addio, si è congedato dai giocatori e dallo staff, dopo averlo fatto, in modo irreversibile, dai dirigenti. Franco Baldini e Walter Sabatini sapevano che lo avrebbe fatto oggi: hanno assistito alla scena da lontano, dal tetto del centro sportivo. Dopo i saluti, a Trigoria è calato il silenzio: una forte aria di commozione ha colpito tutti, dai giocatori ai dirigenti. Che, da oggi, dovranno pensare a come sostituirlo: in realtà, lo hanno già fatto.
Fonte: repubblica.it