Pezzi di Genoa ‘macchiatì. Ex bandiere e calciatori simbolo. Mimmo Criscito e Omar Milanetto, Kakha Kaladze e Giuseppe Sculli. C’è il Genoa che fu, quello che è appena passato e quello presente invischiato nel Calcioscommesse. Criscito, indagato per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, ha perso la Nazionale; Milanetto è stato arrestato. L’arresto era stato chiesto anche per Sculli, ma il gip lo ha negato. Il georgiano Kaladze, che da poche settimane si è dato alla politica nel suo Paese, è indagato. I magistrati di Cremona credono che abbiano ‘accomodatò Lazio-Genoa 4-2 (2010-2011). Genova uno dei crocevia dello scandalo. Criscito e Sculli sorpresi al ristorante con un pregiudicato, Safet Altic e alcuni ultrà. Kaladze che parla con Altic in modo criptico, così come fa Sculli, che definisce il bosniaco ‘fratè, fratello. Giornata determinante, per gli investigatori, è il 10 maggio 2011. Osteria del Coccio, levante di Genova: Criscito e Sculli incontrano Altic. Per la procura di Cremona si parlò di scommesse. Il gestore del locale, allora dipendente, spiega che fu un pranzo normale, tra risate e battute. «Non sentii parlare di cose strane. I tifosi? Se ricordo bene non erano al tavolo». Arrivarono dopo, dice. Per Criscito fu solo un incontro con alcuni capi ultrà, gli stessi che hanno organizzato la follia che ha portato a sospendere Genoa-Siena del campionato appena concluso, che chiedevano spiegazioni per un derby perso. Tesi che pare confermata da Fabrizio Fileni, detto ‘Tombolonè, ma che allo stesso tempo getta ombre inquietanti quando dice che al termine del derby perso i calciatori avevano la testa bassa, «forse nascondevano qualcosa». «Seppi che Criscito era in quel ristorante e andai a chiedere spiegazioni, non sapevo che ci fosse anche Sculli, all’epoca alla Lazio. Volevo sapere perchè Milanetto ci aveva insultato». Il mondo genoano è come un pugile suonato, ha la guardia bassa. I sostenitori rossoblù sono avviliti: quelli organizzati hanno scelto il silenzio in attesa di capire meglio. Ma singolarmente schiumano di rabbia. Mentre la polizia nella casa di Nervi di Criscito sequestra documenti e ipad sotto gli occhi della moglie Pamela, sul web dilagano amarezza, tristezza, paura per le conseguenze dell’inchiesta e, usando nomignoli, parlano. «Il calcio è morto, è uno zombi putrefatto, la mia esperienza di tifoso è finita ma resto innamorato del Genoa», dice Anemmu Ben. «Non voglio più vedere certa gente in campo, anche se sono pronta ad affrontare qualsiasi campionato», tuona ‘Pallina Rossoblu«. E ‘Iannà aggiunge: «Siamo nella m….» Enrico Preziosi, il presidente, si dice dispiaciuto e dice: »Non credo al coinvolgimento di Criscito. Sculli? Se ragionassi in automatico direi che gli indizi non sono piacevoli. Aspettiamo«. Kaladze professa la sua innocenza. Criscito chiede di essere ascoltato e urla: »Non mi rovino la carriera per queste cavolate«. Le verità dei singoli e quelle dell’inchiesta. E chi ha il rossoblù dentro, nel mezzo. Sconvolto, arrabbiato, impaurito.
Fonte: ansa