(R. Maida) – Cominciò a Firenze, contro l’Empoli di Spalletti che ancora non aveva uno stadio pronto per la serie A.
Zeman invece la serie A la conosceva bene, perché veniva dalla Lazio e aveva già stupito l’Italia inventando il Foggia.
Era il 31 agosto 1997, giorno di fine estate e di un lutto internazionale, la tragedia di Lady Diana. La prima Roma di Zeman non aveva l’eccitante ingombro delle coppe, esattamente come questa, ed era profondamente rinnovata.
In porta c’era l’austriaco Konsel, affascinante e brizzolato dall’alto dei suoi 35 anni. In difesa un terzino emergente che aveva già vinto un Mondiale, il brasiliano Cafu. Davanti un altro brasiliano, meno estroso ma altrettanto affidabile: Paulo Sergio, primo colpo della storia di Franco Baldini alla Roma. Nel pomeriggio del debutto, un bel 3-1 firmato da una doppietta di Balbo e da un gol di Delvecchio, non c’era Francesco Totti; ma solo perché si era trascinato dietro una squalifica dal campionato precedente.
In realtà sarebbe stato proprio Totti il capolavoro di Zeman, che nel suo 4-3-3 gli disegnò il ruolo di attaccante esterno che partiva da sinistra e picchiava verso il centro con la forza e il talento del suo piede destro: con 13 gol e decine di assist passò dal ruolo di promessa alla fascia di capitano della Roma.
Nella prima stagione a Trigoria, Zeman perse quattro derby su quattro (due in campionato e due in Coppa Italia) ma riuscì a finire il campionato davanti alla Lazio, al quarto posto. Che all’epoca valeva la Coppa Uefa, perché la Champions League dava spazio solo alle prime due della classifica.