(C. Fotia) – Nel giro delle prossime quarantott’ore dovremmo sapere il nome del nuovo allenatore della Roma.
Siamo stati i primi a scrivere che non c’era in corsa solo Vincenzino Montella, e non, sia ben chiaro, perché non saremmo stati contenti del suo arrivo, ma per la semplice ragione che così stavano le cose e il ruolo di un giornale che, ovviamente ha tutto il diritto di avere le sue opinioni, è di non confonderle con la realtà e soprattutto non ci piace il fatto che certuni pretendano che la Roma sia telecomandata da loro e sparano a palle incatenate se la dirigenza romanista non si inchina ai loro voleri e agisce (…) di testa propria. Ora, tutto fa pensare che la scelta alla fine ricadrà su Zeman, la qual cosa non potrebbe che essere accolta da noi con squilli di tromba, essendo il boemo il simbolo di una Roma che ha denunciato gli imbrogli e le magagne del calcio italiano e un allenatore che pratica un’idea di gioco che ci piace.
Tuttavia, è inutile sbilanciarsi in previsioni. Quel che possiamo fare, prima che la scelta sia ufficializzata, è soffermarci un momento sul metodo scelto da Baldini e Sabatini per la scelta del nuovo allenatore. Perché si tratta di un metodo che è anche sostanza e contenuto. In questa circostanza la Roma ha infatti dimostrato che il sofferto addio di Luis Enrique, determinato da una vera e propria guerra mediatica contro di lui, non comporterà alcun passo indietro nel progetto della nuova società. Non ci sarà, insomma, alcuna restaurazione, non si torna all’ancien regime, non si cerca la benevolenza di coloro che hanno abbattuto Luis Enrique e che vorrebbero abbattere con lui le idee della Nuova Roma che sono semplici e affascinanti. Una proposta di gioco offensiva e spettacolare, per la quale Walter Sabatini sta trattando giocatori di livello assoluto, da mettere a disposizione di un tecnico che corrisponda a quella proposta. E’ il percorso cominciato da Luis Enrique e che continuerà con l’impronta naturalmente diversa di un nuovo allenatore che però non ci porterà su un vecchio sentiero. La Roma è una società seria e ha affrontato seriamente una scelta che vuole sia la migliore possibile e dunque non ha obbedito ai diktat di chi aveva deciso che tutto era già fatto.
Baldini e Sabatini si sono presi il tempo necessario per esaminare diverse candidature e il solo fatto che allenatori del calibro di Villas Boas e Bielsa abbiano discusso con la Roma, così come l’hanno fatto Montella e Zeman, dimostra che, malgrado le cattiverie, il fango, le bugie sparse a piene mani per ostacolare il cammino della Nuova Roma, la panchina giallorossa, in Italia e nel mondo, è ambita. Nessuno, in buona fede, potrebbe obiettare nulla se il nuovo Mister fosse uno dei quattro sunnominati o un Mister x che non sarebbe certo inferiore a loro. Non che siano uguali: alcuni, come Villas Boas o Montella sono allenatori giovani e coraggiosi che avranno certamente un futuro radioso, altri, come Bielsa e Zeman, sono vecchi anagraficamente ma dallo spirito giovanissime e soprattutto interpretano un’idea nuova di calcio. Alcuni di loro, Bielsa o Villas Boas, sarebbero la conferma di una Roma che cerca di importare in Italia il meglio di quello che matura nel calcio europeo, altri, Montella e Zeman, entrambi eternamente nel nostro cuore, sono due allenatori che hanno fatto vedere idee molto innovative. Uno, fa l’allenatore da poco, ma ha fatto bene nei mesi in cui ha allenato la Roma e benissimo nella stagione con il Catania. L’altro, Zeman, quello che al momento sembra il favorito (…), ha condotto il Pescara a una strepitosa e spettacolare stagione, l’allenatore lo fa da sempre e sempre sfidando il malcostume e vizi, i conservatorismi e le banalità del “calcio all’italiana”, inteso come gioco cinico e difensivo, smentito, tra l’altro dalla storia stessa del calcio italiano.
Non parlo solo del Milan di Sacchi, ma invito tutti a rivedersi la nazionale di Bearzot che si laureò campione del mondo, proprio trent’anni fa in Spagna. Sabato sera La 7 ha ritrasmesso la partita che gli azzurri vinsero con l’Argentina per 2 a 0. Ebbene, quella partita non fu solo la marcatura asfissiante di Gentile che annullò un certo Maradona, ma difensori dai piedi buoni come Cabrini, Collovati e Scirea, la strepitosa fantasia di Marazico, la classe infinita di Antognoni, l’opportunismo di Rossi, la spinta di Oriali, gli inserimenti di Tardelli, la caparbietà di Graziani. Sfido chiunque a sostenere che quello era calcio “all’italiana”. Era buon calcio italiano, fatto di molto possesso palla e di ripartenze micidiali. Dunque, la scelta della Roma non sarà un ripiego, bensì una decisione meditata e consapevole, fatta da una società che si è presa tutto il tempo necessario, valutando i pro e i contro di ogni soluzione. Ogni club che si rispetti fa così e solo un inguaribile provincialismo fa di questo oggetto di preconcetti attacchi. La scelta, ovviamente, potrà essere sottoposta al vaglio della critica, quando sarà comunicata. Ma è da dementi criticare il fatto che non sia stata annunciata cinque minuti dopo le dimissioni di Luis Enrique, per il semplice fatto che un grande club non decide sulla base di spinte emotive, bensì delle proprie strategie.
Quando Totti ha detto “Chiunque viene va bene”, non voleva certo dire che chiunque può alleare la Roma ma che le scelte che si stavano vagliando erano tutte all’altezza delle nostre ambizioni. Cerchiamo di esserlo anche noi, comunità di tifosi e innamorati pazzi della Roma. Pacifichiamo gli animi, non dividiamoci in pro questo e pro quello, concediamo al nuovo allenatore tutto il nostro sostegno e la nostra passione. Mettete dei fiori nel vostri cannoni, perché la Roma sarà comunque in buone mani. Tanto più se saranno quelle di Zeman.